Toninelli (M5S): “L’Italicum è un obbrobrio Mussolini non osò così tanto” ESCLUSIVA

Pubblicato il 22 Gennaio 2014 alle 10:49 Autore: Gabriele Maestri
Danilo Toninelli m5s collegi dell'italicum

Toninelli (M5S): “L’Italicum è un obbrobrio, Mussolini non osò così tanto” 

Analisti e costituzionalisti hanno sempre detto che sarebbe stato difficile immaginare una legge elettorale peggiore del Porcellum. Non la pensa così il MoVimento 5 Stelle, che da ieri lancia parole di fuoco contro l’Italicum, la formula illustrata da Matteo Renzi dopo i contatti con altre forze e soggetti politici, Berlusconi compreso. Ne è convinto Danilo Toninelli, deputato stellato che più di altri sta seguendo la materia elettorale nel suo gruppo e che a ottobre ha depositato, come primo firmatario, una proposta che unisce metodo spagnolo (quello vero) e – soprattutto – le preferenze positive e negative del modello svizzero.

L’Italicum, invece, sarebbe una porcata peggiore del Porcellum, ricco di falsità e incostituzionalità. Il M5S darà battaglia per cambiare il testo che arriverà alle Camere, ma sapendo che “una torta marcia, anche se aggiungi un dolcificante, rimane immangiabile”. Toninelli abbandona per un po’ i lavori di Montecitorio e accetta di spiegarci cosa, secondo il MoVimento e secondo lui, proprio non va nella nuova proposta e quale formula restituirebbe centralità e dignità al Parlamento.

Danilo Toninelli m5s Italicum è un obbrobrio

Cittadino Toninelli, che giudizio dà del sistema cosiddetto Italicum, ammesso che voglia chiamarlo così?

Politicamente noi diciamo che quello proposto è un sistema elettorale peggiore del Porcellum, addirittura peggiore della proposta che Mussolini fece nel 1923 e si basava su una legge proporzionale con premio di maggioranza. Nemmeno Mussolini osò inserire qualcosa di così antidemocratico, mettendo al primo turno un premio di maggioranza con una soglia bassissima e addirittura aggiungendo un doppio turno di coalizione che permetterebbe a un qualsiasi partito con qualsiasi cifra elettorale di prendersi tutta la torta, ossia il 53% dei seggi. Ci sono tanti profili di incostituzionalità in questa legge porcata…

Quali, secondo voi?

Innanzitutto, a livello di profilo generale, il fatto che si tratti di un vero e proprio plebiscito per il capo, togliendo di conseguenza qualsiasi potere di incidenza degli elettori nei confronti degli eletti e qualunque potere degli eletti di rappresentare i cittadini, perché sono dei meri sudditi del loro capo politico. Già al primo turno, con le coalizioni, c’è l’elezione diretta di un singolo capo di coalizione; il secondo turno rappresenta quasi di fatto l’elezione diretta del presidente del consiglio.

Camera Italicum è un obbrobrio

Altri profili?

Innanzitutto la mancanza di proporzionalità tra voti in entrata e voti in uscita, l’irragionevolezza del sistema scelto, che è dichiaratamente un proporzionale ma ha effetti completamente diversi perché è un maggioritario a tutti gli effetti: il contrario di quello che ha detto la Consulta, nella sentenza n. 1, con il richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzionale tedesca. E’ incostituzionale la parte delle liste bloccate, perché la conoscibilità di pochi candidati – probabilmente saranno 4 – viene meno nel momento in cui i seggi vengono distribuiti a livello nazionale.

Più che la conoscibilità dei candidati, viene meno quella degli eleggibili…

Degli eligendi, diciamo così… Poi è incostituzionale il fatto che anche al Senato, pur dicendo loro che ci sarà un riparto regionale, il premio di maggioranza sarebbe nazionale, quindi l’articolo 57 della Costituzione viene violato. Non sappiamo sinceramente come pensino di portare avanti una legge tanto obbrobriosa.

Ammetto però che quell’articolo 57 è un cruccio per molti, è difficile capire come rispettarlo: la Corte ha bocciato il premio regionale per le maggioranze casuali che può creare, il premio nazionale non restituisce un’adeguata base regionale… se ci pensa, è una norma difficile da gestire.

Allora, sicuramente non è facile da gestire, non fu facile nemmeno nel 2005 quando fu introdotto questo premio, non tanto per rispetto dell’articolo 57, quanto per la creazione di un’ingovernabilità, sapendo il centrodestra di non vincere e non volendo dunque far vincere nessuno. E’ sicuramente un passaggio delicato da affrontare, ma se lei considera i passaggi che ho menzionato prima di questo, capisce come siamo all’esempio in cui una coalizione può raggiungere il 35% dei seggi al primo turno, avendo all’interno magari un 10% di partiti che non superano la soglia del 5% per la distribuzione dei seggi ma comunque garantiscono alla coalizione di raggiungere quella percentuale di voti agli effetti del premio. Ad esempio, un partito del 25%, che insieme ad altri raggiunge il 35% senza che questi ottengano seggi, di fatto si piglia anche quel 10% e magari prende pure il 18% del premio di maggioranza; se a ciò aggiungiamo che le circoscrizioni piccole (di 4 o 6 eleggibili) hanno una distorsione implicita almeno dell’8-10%, capisce che un partito con il 20%, che ha già un quid in più grazie al sistema a circoscrizioni piccole, con il premio arriva a prendere il 55% dei seggi, la stessa distorsione abnorme che ha fondato la dichiarazione di incostituzionalità del Porcellum.

Messa così, forse è peggiore, visto che riguarda un partito e non una coalizione…

Già, forse è peggiore.

renzi Italicum è un obbrobrio

Non c’è dunque nulla di buono nell’Italicum, o qualcosa si può salvare?

Non c’è niente di buono perché ci sono parti inaccettabili: parti incostituzionali, come dicevo, ma anche parti false. Per dire, le circoscrizioni piccole vorrebbero magari far pensare che si tratti di un modello spagnolo, mentre questo è completamente diverso, perché ha circoscrizioni con un seggio e altre con molti più seggi: garantisce un aiuto ai partiti maggiori, ma non affossa i partiti piccoli e soprattutto quelli medi. Lei pensi che, se la proposta dell’Italicum venisse approvata così com’è, nelle linee base che conosciamo dal foglietto di poche righe divulgato ieri, in Parlamento esisterebbero solo tre partiti.

Quindi va buttato proprio tutto?

Assolutamente tutto, è la peggior legge. Come le dicevo, peggio del Porcellum, peggio della “legge Acerbo”. Un’attività emendativa la faremo perché il nostro ruolo di parlamentari lo dobbiamo svolgere, però una torta marcia, anche se aggiungi un dolcificante, rimane immangiabile.

Immagine eloquente… La vostra proposta invece era piuttosto diversa.

Noi abbiamo depositato a ottobre un progetto di legge, di cui sono primo firmatario: si fonda sul modello “spagnolo”, con circoscrizioni che hanno una media di 6-8 parlamentari eleggibili, ma il range di persone da eleggere va da una a circa 40, con le virtù che le indicavo prima. Si tratta di un correttivo che aiuta i partiti grandi, ma limita fortemente la frammentazione senza ricorrere alle coalizioni, visto che i partiti grandi non avrebbero vantaggio a coalizzarsi, preferendo piuttosto fondersi, con ciò che di positivo ne viene. Accanto a questo, prevede un modello cd. “svizzero” di preferenze, che all’interno della lista votata consente di cancellare non più della metà dei candidati e, al loro posto, usare i propri “crediti di preferenza” per beneficiare qualsiasi altro candidato, sia della stessa lista votata, sia di tutti gli altri che sono in corsa. Noi faremo una battaglia fortissima sulle preferenze, da aggiungere a questa porcata chiamata Italicum, e lo faremo proprio su questo modello “svizzero”. A nostro parere, la cancellazione permetterebbe non di annullare, ma di limitare di molto le criticità reali che sono legate alle preferenze.

La proposta M5S: il fac-simile di scheda

La proposta M5S: il fac-simile di scheda

Sicuramente l’introduzione delle “preferenze negative” sarebbe una novità assoluta per l’Italia. Secondo lei, però, c’è il rischio che anche le cancellazioni possano essere usate in chiave poco trasparente da malintenzionati?

Secondo me è difficile, perché chi sta in una determinata lista ha l’evidente volontà che venga votata. Sollecitare dunque un aumento del numero delle cancellazioni diminuirebbe il numero di voti della lista stessa. Potrebbe in alcuni casi capitare, ma potrebbe capitare più spesso che, a fianco di elettori collusi che sono portati a votare candidati “impresentabili”, perché troppo esposti o economicamente troppo potenti, ci siano elettori sani che, proprio per le stesse ragioni, andranno a cancellare questi candidati “impresentabili”. Si creerebbe quindi un bilanciamento secondo me molto importante, che conterrebbe gli effetti delle preferenze legate al voto di scambio o comunque manipolato.

Diceva prima che non sarebbe più conveniente per i partiti coalizzarsi, ma dovrebbero casomai fondersi, magari presentando un simbolo comune… 

Nel sistema spagnolo, col metodo proporzionale d’Hondt, non c’è convenienza a coalizzarsi, c’è quasi un divieto. Che senso avrebbe farlo, quando alla fine alla distribuzione dei seggi accedono solo le liste e non la coalizione? Un partito piccolo, a questo punto, se ha linee politiche compatibili con un partito più grande, ha convenienza a fondersi con quel partito: è un procedimento che a lungo andare crea partiti omogenei… lei mi insegna che le coalizioni sono fatte nel modo più eterogeneo per ottenere il maggior numero di voti, per poi puntare al premio. In questo caso il premio non c’è, non c’è una soglia di sbarramento, per cui i partiti piccoli non hanno nessun interesse a coalizzarsi e possono correre da soli: se aspirano a ruoli importanti, magari contrattando con chi è più forte, si dovranno fondere. Per cui ad esempio Sel potrebbe dover spiegare ai suoi elettori che non dovranno cercare e barrare il simbolo di Sel, ma piuttosto quello del Pd. Capisce dunque come già a priori si crei un’omogeneità e non un’eterogeneità dei partiti, che porta all’ingovernabilità, come altri sistemi nei fatti hanno mostrato di fare.

Italicum è un obbrobrio

Tecnicamente, però, un partito che sa di essere più forte in una certa zona potrebbe presentarsi lì da solo e altrove invece presentarsi sotto un contrassegno composito, adottando dunque una geometria variabile?

No, nel nostro sistema non è possibile. O un partito si presenta da solo, o si fonde – anche nel simbolo, magari – con altri partiti. E questo si applica uniformemente in tutta l’Italia: vogliamo che ci sia una reale omogeneità e coerenza nei simboli e nei partiti che si presentano di fronte agli elettori, senza creare quella confusione che poi genererebbe incertezza e ingovernabilità delle maggioranze e del governo. Se una forza politica intende partecipare alle elezioni portando i suoi voti a un determinato simbolo, dovrà spiegare ai suoi elettori perché si presenta sotto quelle insegne, di fatto fondendosi, altrimenti si presenta autonomamente. Questo è proprio il sistema svizzero; avremmo circoscrizioni un po’ più grandi rispetto al sistema spagnolo, ma con gli stessi effetti.

Cosa comporta questo?

Una lista con il 37-38% può governare se ha creato un minimo di distanza rispetto al secondo. Ci rendiamo conto che è un correttivo maggioritario importante, ma se consideriamo l’omogeneità che si crea grazie all’eliminazione delle coalizioni, alle fusioni tra partiti omogenei e alle preferenze date dai cittadini, questo correttivo non rende le elezioni un plebiscito per il capo, ma le riporta a essere vere elezioni di parlamentari, che a questo punto sono sostanzialmente vincolato alle istanze del loro corpo elettorale.

Potremmo parlare di “vincolo morale di mandato”…

Bravissimo… semplicemente con la conseguenza che, se quell’eletto non esegue – a detta degli elettori della sua circoscrizione – un mandato sufficientemente positivo, non sarà più rieletto. In ciò sta questo “sostanziale vincolo di mandato”: può sembrare una violazione della Costituzione, in realtà non è così. Un politico che fa bene il proprio mestiere può essere confermato; un altro no.

E in questo aiutano le cancellazioni di cui parlava prima. 

Lo fanno i cittadini, non più il capo politico: coi sistemi attuali e soprattutto con l’Italicum la rielezione successiva dipende esclusivamente e sempre più dal capo politico e non dal corpo elettorale.

parlamentarie m5s Italicum è un obbrobrio

Anche l’eventuale correttivo delle “parlamentarie”, come le avete chiamate voi, non risolverebbe tutti i problemi?

Le primarie intere sono gestite dai partiti e riguardano una piccola minoranza degli elettori di quel partito, quindi non hanno nulla a che vedere con le preferenze effettive.

Questo dunque varrebbe anche per voi?

Allora, che ci siano le primarie, fatte in maniera ovviamente trasparente e libera è un passaggio importantissimo, ma da lì a dire che le primarie interne al partito hanno gli stessi effetti, importanza, democraticità delle preferenze alle elezioni, non sono d’accordo: siamo su due piani di portata completamente diversa. Le primarie le facciamo e le faremo, ma non equipariamole alle preferenze.

Sarà però molto difficile che la vostra proposta trovi corda in queste Camere; è più facile (ma non scontato) che possa procedere l’Italicum. Nel caso, che atteggiamento pensate di avere? Proposte alternative concrete avrebbero speranze di essere votate anche da voi o pensate di adottare una linea di contrasto?

Considerando come siamo partiti, cioè dal nulla, da linee di principio molto generali ma antidemocratiche, frutto di un accordo fatto fuori dal Parlamento tra Renzi e Berlusconi, immaginiamo che sia ben difficile che domani arrivi invece un disegno di legge che abbia in sé il principio di rappresentatività che secondo noi è imprescindibile per una legge elettorale. Comunque sia noi faremo il nostro lavoro di Parlamentari: voteremo i nostri emendamenti e quelli altrui che miglioreranno qualsiasi testo dovesse arrivare in Parlamento. Faremo sicuramente, come dicevo, la battaglia sulle preferenze: una battaglia imprescindibile, è sempre stato il nostro cavallo di battaglia. Le ripeto però che sarà ben difficile che possa arrivare una qualsivoglia legge che non abbia come fine esclusivo l’elezione diretta del capo del governo, comportando di fatto la trasformazione di una forma di governo parlamentare in una presidenziale: questo stava avvenendo con la “riforma” dell’articolo 138, sta avvenendo in sede di riforma del regolamento della Camera – dove si sposta completamente la funzione legislativa dal Parlamento al Governo, con uno stato che oggi è di fatto ma domani sarà anche di diritto, messo nero su bianco nei regolamenti – e lo stanno facendo con la legge elettorale.

Senato Italicum è un obbrobrio

Sul Corriere oggi una ricostruzione dà conto dei malumori di alcuni suoi colleghi, per uno “stare alla finestra”, senza aver contribuito a far nascere una migliore proposta di riforma elettorale. Ci sono effettivamente questi malumori?

Ci sono da chi, all’interno del MoVimento, è in malafede ed è portatore di interessi particolari: sono persone che evidentemente sbagliano nel merito in quello che dicono, perché innanzitutto noi non siamo stati mai chiamati a partecipare a un tavolo di discussione da parte del segretario del Pd o di suoi esponenti…

Ci sareste andati?

Ci saremmo andati certamente, ovviamente dietro spiegazione di quali sarebbero stati i contenuti: lo avremmo fatto con la trasparenza e la pubblicità dell’incontro come ormai siamo abituati a tenere. Le ricordo però che una proposta di legge così strutturata e innovativa l’abbiamo presentata solo noi, alcuni mesi fa, era quello il nostro cavallo di battaglia: gli altri sapevano perfettamente qual era il nostro concetto di legge elettorale e di democraticità conseguente. Sarebbe stato magari deprecabile se non avessimo preso alcuna posizione, ma siamo stati noi in tempi non sospetti a depositare una proposta che non fosse solo un copia-incolla di sistemi esistenti o di ritorno a leggi precedenti. Ciò che dicono queste persone ha il fine di creare mediaticamente rotture pretestuose, all’interno di un gruppo parlamentare che invece ha una linea chiarissima e soprattutto condivisa.

luigi di maio Italicum è un obbrobrio

Eppure mi era parso che ci fossero disponibilità a valutare altre ipotesi: Luigi Di Maio mi aveva parlato di un sostegno all’idea del Mattarellum (anche se magari non vi converrebbe), mentre Grillo più volte ha invitato a tenere “giù le mani” dal Porcellum, anche solo per non peggiorarlo. Non pare una posizione compattissima…

In realtà sono di un’idea diversa: sapendo – e la realtà lo dimostra – che avrebbero peggiorato il Porcellum, e lo hanno fatto in qualche modo con l’Italicum, dicevamo a quei tempi “andiamo a votare col Porcellum“, pur sempre meglio di altre porcate che sarebbero venute. Poi, dopo che l’ufficio stampa della Corte costituzionale ha divulgato la bocciatura del Porcellum, abbiamo concluso che la legge costituzionalmente legittima più vicina a noi era il Mattarellum: se questo Parlamento è politicamente illegittimo perché poggia su una maggioranza “drogata”, che si fonda in amplissima parte su un premio dichiarato incostituzionale, non deve mettere le mani sulla “regola delle regole”, la legge elettorale. Una volta depositate le motivazioni, c’è questa legge di risulta, ossia il non-più-Porcellum corretto dalla Consulta, per cui a questo punto andiamo a votare con questa legge, e gli elettori decideranno.

Posso chiederle se questa normativa di risulta la convince?

No, non mi convince, non è un sistema elettorale che io appoggerei, ma è certamente un sistema migliore di qualsiasi altra formula proposta da forze politiche che non siano il M5S. Per lo meno rispetta il voto in entrata e in uscita e manderebbe a casa un Parlamento illegittimo politicamente a causa delle liste bloccate, ma ancora di più perché poggia su una maggioranza drogata che non potrebbe avere i numeri senza un premio di maggioranza che non esiste più, perché è incostituzionale.

 

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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