Pdl di lotta e di governo, la doppia strategia di Berlusconi

Pubblicato il 22 Maggio 2013 alle 19:55 Autore: Gianluca Mercuri

La proposta di legge presentata dal Partito Democratico e riguardante la normalizzazione dei partiti politici ha provocato le ire di Silvio Berlusconi, che come Beppe Grillo ha preso posizione, ironicamente, sostenendo che chi nel Pd ha partorito questa idea è geniale. Ma è soprattutto la prospettiva della possibile ineleggibilità dell’ex premier a turbare gli animi, persino a Palazzo Chigi. Il Pdl si trova nella situazione di stare attivamente nel Governo, di dover difendere un leader messo in difficoltà dagli spettri di voti (di ineleggibilità) e sentenze (di tribunali) a lui sfavorevoli, e infine di una prospettiva, corroborata da diversi sondaggi, di una ipotetica vittoria in caso di nuove elezioni.

Berlusconi ha voluto rispondere a chi, nelle ultime ore, avanza più concretamente l’ipotesi di un clamoroso voto di esclusione dal Senato. In una intervista al Tg4, ha dichiarato che “sono venute fuori delle ipotesi divertenti: mi sembra che qualcuno abbia portato avanti l’ipotesi di ineleggibilità del sottoscritto dopo 20 anni di voti di milioni di italiani”, volendo così intendere che, a suo avviso, il mandato popolare legittima anche eventuali ineleggibilità previste dalle leggi. Una partita fondamentale, quella di Berlusconi, che però si gioca su diversi piani, collegati, ça va sans dire, ai piani altissimi del Governo. Il ruolo istituzionale disegnato per il fedele segretario del Pdl Angelino Alfano dimostra l’ipoteca messa da Berlusconi sull’esecutivo guidato da Enrico Letta.

Il Pdl diventa, ancora una volta, lo strumento di difesa del leader in difficoltà. In questo contesto si possono inquadrare le manifestazioni davanti al Tribunale di Milano, sotto le gigantografie di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e il comizio infuocato a Brescia nel quale Berlusconi si è scagliato nuovamente contro la Magistratura. Pdl che ha eretto un imponente muro difensivo, fatto di fiumi di parole dei principali esponenti, da Cicchitto a Gasparri, dalla Santanché a Brunetta, anche riguardo alle vicende processuali che vedono imputato il Cavaliere. E le numerose “mine” piantate lungo il sentiero di Letta stanno a monito, per ricordare che questo è un Governo nel quale la collaborazione tra Pd e Pdl è imprenscindibile e passa anche dal futuro della questione ineleggibilità e dagli esiti dei processi.

Una situazione di vantaggio, quella di Berlusconi, frutto di una doppia strategia difensiva. Se da un lato il contributo alla formazione del nuovo Governo è il timbro a una nuova era di dialogo tra i due principali partiti, i sondaggi elettorali diffusi negli ultimi giorni hanno inquadrato un vantaggio sostanziale della coalizione di centrodestra, al momento vincitore di ipotetiche elezioni. Ma non foss’altro che per questioni anagrafiche, i tempi di vita del Governo Letta sarebbero cortissimi. Ecco che allora la chiave della clamorosa ineleggibilità potrebbe, inutile dirlo, dare un nuovo vantaggio tattico al Cavaliere, forte di un vantaggio elettorale di partenza che soltanto a gennaio era impensabile. A quel punto staccare la spina sarebbe più semplice. In effetti, nello stesso Partito Democratico non c’è unanimità di vedute sul voto alla ineleggibilità.

E se anche i processi dei quali si attende sentenza dovessero rivelarsi negativi, l’esposizione dei vertici del Pdl in questi giorni e le manifestazioni contrarie ad una parte della Magistratura sono i segnali di una rinnovata compattezza del partito di centrodestra attorno al leader, pronto a schierarsi a difesa delle accuse mosse a Berlusconi nei Palazzi di Giustizia, anche con manifestazioni eclatanti. La chiave della sopravvivenza della legislatura sarà, in quell’ipotetico scenario, nelle mani dei parlamentari del Pdl, chiamati a scegliere tra la difesa del leader e la vita di un Governo.