Referendum: un istituto da riformare?

Pubblicato il 22 Giugno 2011 alle 17:38 Autore: Vito Contardo
referendum astensione

Approfondimento in due puntate sull’istituto del referendum abrogativo

 

Il referendum del 12 e 13 giugno ha raggiunto il quorum e anche in modo netto, ma resta viva la necessità di riformare tale istituto. Le ragioni che inducevano a chiedere una sua revisione permangono, anzi forse ne escono persino rafforzate. Ma andiamo con ordine.

LE RAGIONI DELLA PREVISIONE DEL QUORUM

In un articolo apparso proprio qui su Termometro Politico si legge:

Quale fu la ratio del suo inserimento? Perché, per esempio, introdurre il quorum per il referendum quando questo, per le elezioni (che pure determinavano chi avrebbe avuto diritto di parola su tutte le leggi per la durata di un’intera legislatura, non su qualcuna), non era previsto? Le motivazioni, principalmente, erano due. La prima, era che bisognava garantire che solo le leggi di reale interesse collettivo fossero sottoposte a referendum. La seconda, invece, era quella di costringere innanzitutto comitati promotori a informare più persone possibile dell’esistenza del referendum, e, contemporaneamente, imporre, sia a questi, sia a coloro che ai vari quesiti referendari erano contrari, di informare i cittadini per permettere loro di crearsi un’opinione e dunque decidere, di volta in volta, con la maggior consapevolezza possibile.

Curiosamente, nonostante gli scontri anche durissimi che si ebbero durante i vari dibattimenti, nessuno di questi riguardò la questione del quorum: l’ipotesi che questo limite venisse sfruttato per delle campagne di boicottaggio venne presa in considerazione solo marginalmente, tendenzialmente ignorata; l’importanza dell’esercizio del diritto di voto appena riconquistato, la volontà, comune a tutti gli schieramenti politici, di portare avanti un processo di educazione e responsabilizzazione politica delle masse affinché certe esperienze come l’appena conclusa dittatura fascista non si potessero più replicare, resero quella del boicottaggio, agli occhi dei Costituenti, un’ipotesi remota.

Ricordiamo le parole di Aldo Moro in Assemblea costituente il 16 ottobre del 1947 sul valore del  referendum:

«Il presupposto dal quale partiamo nell’atto di stabilire, come abbiamo stabilito stamane, il referendum è questo: la possibilità di un disaccordo, fra la coscienza pubblica e le Camere che di essa dovrebbero tener conto nell’attività legislativa. Quindi, è inutile richiamarsi alle Camere, è inutile dire che esse intendono bene qual è il loro dovere di fronte ad una legge la quale non corrisponde alla coscienza pubblica. Ammettere il referendum significa ritenere appunto la possibilità di questo disaccordo, la possibilità di questa minore comprensione da parte delle Camere nei confronti di una evoluzione della coscienza pubblica, la quale può manifestarsi ed operare fin dal primo momento in cui la legge è entrata in vigore…».

 

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