Re Giorgio e re Silvio

Pubblicato il 21 Aprile 2013 alle 17:46 Autore: Davide Valenti
Forza Italia chiede che Napolitano faccia chiarezza in Parlamento

La rielezione di Giorgio Napolitano e l’incredibile rinascita di Silvio Berlusconi, grazie al suicidio del Pd. Non è un golpe, è una ritirata dei partiti.

In questi primi 4 mesi del 2013 abbiamo visto che anche i papi abdicano, oltre ai re. Eccetto uno, che voleva  abdicare ed è stato implorato a non farlo: e fu così che “re Giorgio” Napolitano ha accettato, probabilmente a tempo (e non soltanto per ragioni di età) un bis al Quirinale, che la Costituzione come sappiamo non contempla né vieta. In due mesi abbiamo avuto il primo papa che si dimette dopo 500 anni e il primo presidente della Repubblica rieletto, nonostante avesse spesso ripetuto “Non mi convinceranno”. Chi però accusa Napolitano in queste ore di incoerenza dice, a mio avviso, una sciocchezza. Sono i partiti, soprattutto il Pd, che sta esplodendo e ha bruciato due candidati di fila al Quirinale, che hanno benedetto questa soluzione estrema, mantenendo il presidente attuale il quale tenderà a fare approvare un “governo di scopo”, affidando l’incarico a vecchie volpi come Giuliano Amato. Non riesco, oggi, a vedere un gesto più conservativo: d’altra parte, ne va della conservazione dei partiti stessi. Non è un golpe, come ha dichiarato con azzardo Grillo, ma è una ritirata dei partiti, che appaiono sempre più lontani dalla realtà. E’ un flop completo della politica, ma chissenefrega:  se Enrico Letta ha dichiarato che “Oggi è una bella giornata per l’Italia” è la dimostrazione che ancora non si è capito nulla.

Il vero vincitore, però, del “conclave” del Quirinale è quello che, nel novembre del 2011, sembrava essere sulla ghigliottina. Parlo di Silvio Berlusconi, che ha resuscitato un Pdl clinicamente morto (lo sarebbe tuttora, senza la sua arte affabulatoria) portandolo a un soffio di voti dal Pd e restando fermo nelle strategie per il candidato presidente. Essere immobili, in questi momenti di caos, è una tattica che può premiare. Berlusconi è riuscito nell’ordine a: benedire l’ “inciucio” con il Pd per la candidatura di Franco Marini, bruciata dai democratici; evitare l’elezione al Quirinale del suo nemico Romano Prodi senza muovere un dito, grazie alla “carica dei 101” franchi tiratori piddini; ottenere la riconferma di Napolitano, presidente che ha sempre voluto. Se si rivotasse ora, il Pdl supererebbe di gran lunga il Pd senza alcun merito da parte del primo, ma semplicemente per i demeriti del secondo. Altro che giaguaro smacchiato.

La rielezione di Napolitano è drammatica soprattutto per il Pd, che da quando Bersani ha vinto le primarie per candidarsi a premier non ne ha azzeccata una, fino allo spettacolo pietoso dei “traditori” che nel segreto dell’urna non hanno votato per Prodi. Non voglio, però, impallinare Bersani, il quale come sappiamo si è dimesso da segretario. Sarebbe ingeneroso verso di lui, che ha provato invano – certo con errori e negli ultimi 60 giorni con acuta testardaggine – a tenere a bada un gruppo di schegge impazzite. Due cose, però. La prima: qualcuno nel Pd ci deve ancora spiegare il rifiuto di appoggiare con Cinquestelle e Sel la candidatura di Rodotà. La seconda: oltre all’evidente errore di far digerire l’inciucio con Alfano per il nome di Marini, il giorno dopo si è pensato di rimediare richiamando dal Mali Romano Prodi, credendo di essere tornati al ’96. Ed errori di presunzione il Pd ne ha fatti tanti: uno a caso, aver ricandidato Rutelli a sindaco di Roma, ché tanto ce l’avrebbe fatta (si è visto come andata a finire). Si arriva così alle scene di questi giorni con i militanti che bruciano le tessere in piazza di Monte Citorio e il fiato sul collo di Fabrizio Barca e Matteo Renzi. Il Pd, così com’è, non c’è più, è un dato di fatto e se non si riorganizza – e bene – alle prossime elezioni prenderà, se è fortunato, i voti di Scelta Civica. Ciò che però fa più tristezza è che, ad oggi, in Italia sembra non possa esistere o funzionare nel modo corretto un partito, o un movimento, non fondato sul capo. Vince Grillo, sopravvive la Lega che ottiene la Lombardia pur perdendo un sacco di voti, rinasce re Silvio. E si rielegge re Giorgio. Chissà se Andreotti tornerà agli Esteri.

L'autore: Davide Valenti

Giornalista, si è occupato per anni di comunicazione aziendale. Ora racconta la politica per mestiere e sogna di fare lo scrittore. Fiero di essere torinese, anche se vive a Milano ed è innamorato di Matera. Su Twitter è il @davideracconta, il suo blog personale è davide-valenti.blogspot.it
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