Ma non dovrà essere un nuovo ’93

Pubblicato il 31 Maggio 2011 alle 23:12 Autore: Livio Ricciardelli

Al di sopra e al di sotto delle attese: al di sopra di qualsiasi speranza per il centrosinistra e al sotto di qualsiasi tragica aspettativa per il centrodestra. Sono sostanzialmente questi i sentimenti che beano ed attanagliano allo stesso tempo la comunità politica italiana, alle prese con un secondo turno amministrativo che senz’altro entrerà nella storia elettorale del nostro Paese. Anche questa settimana però sarà meglio andare per “paragrafi”.

- Milano: la vittoria di Pisapia era data per quasi impossibile fino a qualche settimana fa. Alla vigilia del primo turno si dava per certo, cosa che avrebbe rallegrato il centrosinistra ambrosiano, il ballottaggio. Cosa non da poco nella città culla del berlusconismo. Il dato sorprendente che due settimane fa fece impazzire il popolo del centrosinistra risiedeva nel vantaggio di Pisapia sulla Moratti e sulla notevole forbice di differenza tra i due. A seguito del primo turno Pisapia ha giocato, nonostante l’occupazione mediatico-televisiva, in discesa, tanto che era dato favorito in praticamente tutti i sondaggi. Questo perché sostanzialmente il centrodestra si è trovato in un cul de sac: dopo aver politicizzato al massimo la tornata amministrativa dipingendo Pisapia alla stregua di un “ladro di automobili” occorreva un netto cambio di rotta per far rimontare posizioni alla Moratti. Il problema è che la strategia politica e comunicativa del Pdl non solo non poteva più basarsi sull’attacco personale e sulla politicizzazione estrema della campagna (considerando gli scarsi esiti di questa goffa strategia); ma non era nemmeno in grado di portare la campagna sul piano meramente amministrativo: sia perché la Moratti non è stata percepita dai suoi concittadini come un buon sindaco sia perché Silvio Berlusconi (per quanto formalmente consigliere comunale di Milano) non era in grado di spostare su questo ambito la discussione. Ne è uscito un ibrido in cui si attaccava l’ambiente circostante ma sostanzialmente si definiva Pisapia “una brava persona”. Insomma, una brusca retromarcia annacquata da qualche nome ad effetto come quello di Castelli alla mobilità e Maurizio Lupi al territorio in un’ipotetica nuova giunta Moratti. Il fatto che Pisapia fosse favorito dopo il primo turno però non deve portarci a sminuire lo storico dato elettorale ambrosiano: una città che dal 1993 appariva come strutturalmente di destra cambia pagina e teoricamente, considerando Milano come un vero e proprio laboratorio politico del paese, questo cambio di pagina e questo cambio di passo dovrebbero avere ripercussioni anche sul piano nazionale. Il tutto, giusto ricordarlo, con un distacco per Pisapia di oltre dieci punti percentuali che sostanzialmente ha dimostrato come in queste due settimane non si è delineata neppure una timida rimonta da parte della Moratti.

Ma non dovrà essere un nuovo '93

– Napoli: il dato di Napoli ha due elementi fondamentali: l’eccezionalità del risultato (De Magistris al di sopra di qualsiasi previsione e Lettieri che perde voti tra primo e secondo turno) e la tattica utilizzata per ottenere questo risultato. Sul primo punto non può che stupire l’elevatissimo distacco tra i due candidati. Lo stesso Lettieri ha dichiarato di non aspettarsi un dato così catastrofico. Col 65,4% Luigi De Magistris diventa dunque sindaco della terza città del paese all’insegna di una campagna elettorale che, se non ha assunto i toni di uno scontro di civiltà, ha comunque posto i due candidati come due alternative radicali da molti punti di vista. Forse ne ha risentito la discussione concreta sulle proposte e sulle problematiche della città ma, come elemento positivo, bisogna considerare che dalle urne esce un voto d’opinione molto radicato a scapito del voto di scambio, da sempre considerato caratteristica di talune realtà meridionali. L’elevato tasso di popolarità e la peculiare composizione del consiglio comunale dovrebbe favorire l’attività amministrativa del nuovo sindaco di Napoli. Per quanto riguarda la tattica è interessante notare come, nonostante ci siano anche degli sconfitti, Napoli per certi aspetti può essere considerato un “capolavoro politico”, almeno per una parte del centrosinistra: dopo l’esplosione dell’emergenza rifiuti nel 2008 il centrosinistra aveva perso notevoli posizioni cedendo la provincia nel 2009 e la Regione (con sconfitta, seppur di misura, anche a Napoli) nel 2010. La separazione del centrosinistra tra Morcone e De Magistris, col conseguente passaggio al ballottaggio del secondo, ha consentito di tenere in sella parte del centrosinistra “epurata” da quella parte dello schieramento considerato più in continuità con le giunte Bassolino e Iervolino. Il giusto rifiuto da parte di De Magistris di accettare qualsiasi tipo di apparentamento e di lasciare la sua alleanza del tutto invariata ha consentito una personalizzazione dello scontro con l’ex pm di Salerno non solo più popolare rispetto a Lettieri ma anche più lontano ad un certo mondo del moderatismo e dell’affarismo napoletano che, anche se non aveva avuto modo di governare la città, era comunque considerato più “di establishment” dell’aria fresca di un candidato simil-civico come De Magistris. In questo modo la tattica alla prova dei fatti ha portato ad un sindaco percepito come di centrosinistra e ha sventato il rischio di consegnare la città di Napoli a certi ambienti vicini al coordinatore del Pdl campano Nicola Cosentino.

Ma non dovrà essere un nuovo '93

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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