La sinistra e la sfida della felicità

Pubblicato il 23 Maggio 2011 alle 23:14 Autore: Livio Ricciardelli
La sinistra e la sfida della felicità

Nel suo libro-intervista “Per una buona ragione” Pierluigi Bersani, parlando del suo passato da amministratore locale, esprime un concetto molto nobile e per nulla scontato riguardo quello che in molti, a tutti i livelli politici e non, definiscono oramai come “modello emiliano”. Bersani infatti scrive di non amare molto questa definizione utilizzata per definire il governo, capace di garantire efficienza e stabilità politica, nella “rossa” Emilia Romagna, in quanto la definizione stessa rischia di diventare prima o poi un guscio vuoto capace, nella forza della definizione stessa, di rendere statico e poco incline al rinnovamento un’esperienza politica efficiente. Insomma: Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.

Del resto della linea politica di Bersani in questi anni, perlopiù alla guida del principale partito d’opposizione e del campo di centrosinistra, si possono dire e sostenere le cose più disparate come è bene che sia in democrazia e nella dialettica politica. Ma senz’altro, almeno per quanto mi riguarda, non possiamo non definire Bersani un pensatore di rilievo e un intellettuale politico di tutto rispetto. Se per Gianni Agnelli Ciriaco De Mita, più che un politico, era un “intellettuale della Magna Grecia” Pierluigi Bersani è definibile come un “intellettuale politico della Val Padana”. Indipendentemente dalle nostre teorie sul suo operato. Una cosa è essere dirigenti politici, un’altra è essere grandi pensatori. Spesso le due cose si accompagnano, altre volte no.

Dico questo perché il concetto espresso prima in merito al modello emiliano è forse l’aspetto politicamente più interessante del libro e anche quello che potenzialmente ha anche più probabilità di imporsi sul piano pratico e fattuale. Aggiungendo il fatto che un’azione di questo tipo, supportata e ideata da uno specifico pensiero, appare quanto mai attuale e necessario soprattutto in un periodo in cui si dovrebbe discutere di amministrazioni locali e del governo del territorio e delle città. L’insegnamento che viene dal rigetto di un modello come quello emiliano, che per quanto riguarda l’efficienza e molti altri standard regionali è senz’altro all’avanguardia da molti decenni, di Bersani infatti non è altro che l’allontanamento da un grave rischio della politica: la cristallizzazione e l’immutabilità delle posizioni. Il non mitizzare dei buoni modelli, politici ed amministrativi, non vuol dire odiare, non rispettare o rigettare i modelli stessi. Ma semplicemente non chiuderli in guscio statico capace di imprigionare per sempre una definita modalità della politica. Una modalità che statica non può esserlo in quanto la società e la politica cambiano e dunque anche i differenti approcci all’amministrazione devono mutare per preservare un trend e una tradizione di buona amministrazione.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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