Crisi di sistema tramonta la seconda repubblica

Pubblicato il 1 Marzo 2013 alle 14:49 Autore: Federico De Lucia

Il sistema partitico italiano è sempre stato molto frammentato: durante la Prima Repubblica i partiti rilevanti erano sempre gli stessi 8-9: un numero alto ma stabile nel corso del tempo.

Ciò che rendeva il sistema inefficiente non era tanto il numero di partiti quanto la loro polarizzazione. L’inesistenza di un polo di sinistra legittimato ad andare al governo ha costretto il polo conservatore ad assumere un atteggiamento centrista, alleandosi di volta in volta con più o meno piccoli partner coalizionali minori. L’impossibilità dell’alternanza ha pertanto comportato due conseguenze: una sostanziale paralisi quarantennale con il ruolo guida della Democrazia Cristiana, un fortissimo potere di ricatto da parte dei partiti laici minori con la correlativa instabilità di fondo degli esecutivi.

La Seconda Repubblica è stata caratterizzata da una radicale evoluzione sotto queste prospettive: la nascita di due poli per la prima volta legittimati a governare ha sbloccato la paralisi precedente dal punto di vista della possibilità dell’alternanza, ma l’esplosione del sistema politico e la permanenza, all’interno dei nuovi sistemi elettorali nazionali e locali, di norme molto permissive (o comunque interpretate in tal senso dai partiti maggiori) ha fatto sì che il numero di partiti si moltiplicasse.

Da una parte dunque, il fatto che fossero gli elettori a decidere direttamente chi dovesse governare ha consentito che i governi durassero più a lungo. Dall’altra la tendenza delle forze politiche a formare alleanze molto estese, frammentate ed eterogenee al fine di ottenere la vittoria ha prodotto governi paralizzati dalle divisioni interne.

La totale inefficienza di questo nuovo sistema è stata resa palese a tutti dalla terribile esperienza del governo Prodi II: la reazione di fronte a tali disfunzioni c’è stata. La nascita di due grandi partiti come il Partito Democratico e il Popolo della Libertà ha semplificato il quadro in modo molto evidente ma nel medio periodo si è rivelata una illusione.

Da una parte, nei primi anni dell’ultima legislatura i partiti minori delle due mini-coalizioni (Lega Nord e Italia dei Valori) hanno sottratto ai rispettivi partner una quota significativa del consenso. Dall’altra, nella seconda parte della legislatura, la scelta di Fini di rompere con lo schieramento di centrodestra ha prodotto l’inizio di una nuova fase di destrutturazione che ha portato ad un Parlamento frammentato esattamente come lo era quello precedente.

Se a questo aggiungiamo il fatto che alcuni soggetti politici oggi non rappresentati hanno la certezza di entrare in Parlamento, ed anche in misura massiccia, possiamo ragionevolmente dire che la prossima legislatura sarà caotica almeno quanto lo furono le prime della Seconda Repubblica.

La tabella mostra, per ciascuna elezione, il Numero effettivo di partiti elettorali (un indicatore che non si limita a contarli, ma ne pondera anche il peso percentuale), il numero di gruppi parlamentari (comprese le componenti del gruppo misto) costituiti alla Camera ad inizio legislatura, ed il numero di gruppi parlamentari esistenti alla fine di essa.

(Per continuare la lettura cliccate su “2”)