Recensione/3 – “Tanatoparty”

Pubblicato il 11 Dicembre 2009 alle 04:00 Autore: Redazione

Recensione/3 – “Tanatoparty”

 

Recensione/3 - "Tanatoparty"

Autore: Laura Liberale, torinese, dottore di ricerca in Studi indologici dopo la laurea in Filosofia, è traduttrice e poetessa

Titolo: Tanatoparty
Edizione: Padova, Meridiano Zero, 2009
Pagine&Prezzo: 128 pp., € 10

Tanatoparty, la morte in diretta

“La morte in diretta” è un noto film anni ’80, all’epoca veniva bollato come fantascientifico. Oggi, forse, questa definizione dovrebbe essere riveduta e corretta. La morte, quella reale, oggi è in diretta tutti i giorni, in qualunque momento. Basta un computer ed una linea telefonica. E non serve nemmeno cercare immagini di guerra, basta scrivere, per fare un esempio, “Mariano Bacioterracino”, la cui morte è stata resa di pubblico dominio dalla procura di Napoli.

Il paradosso sta nel fatto che i nostri occhi, pur così abituati, così assuefatti alla dimensione pubblica della morte, all’esibizione, all’indifferenza, ne rifiutano tuttavia l’idea. Da questo rifiuto nasce la tanatoprassi, una pratica che l’autrice di Tanatoparty, Laura Liberale, mette alla berlina definendola come l’«estetica dell’aggiustabile», ciò che serve a «riconsegnare al defunto una dignità corporale, riconsegnare ai dolenti un’identità del defunto riconoscibile e confortante».

Tanatopary è un romanzo sofisticato e dissacrante, in cui ogni pagina è incorniciata – letteralmente – da una citazione del Libro tibetano dei morti. È un racconto dove storie di necrofili, tanatoprattori e poeti maledetti vengono intrecciate ad arte, dando vita ad una paradossale favola noir.

La protagonista Lucilla Pezzi, è una poetessa dagli occhi verde smeraldo e dalla voce roca, «pifferaia rivoluzionaria che incanta i suoi sorci e con quei piedi nudi schiaccia una volta di più il buon nome di suo padre, il nome ‘borghese’ di suo padre». Per Lucilla il corpo doveva essere un grido ininterrotto contro l’ideologia. La sorella Mina, voce narrante della storia, la ricorda in una delle sue parossistiche esibizioni, la rivede «dissacrare tutto, celebrare mostruo e sfruttamento proletario, orgasmo e rivoluzione culturale, mentre le sedie del pubblico scricchiolavano di disagio. Prima che arrivasse la polizia, perché qualcuno aveva denunciato l’oltraggio al pudore, e Lucilla si lasciasse portare via come una bambola che con metà bocca bacia e con l’altra metà azzanna».

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L'autore: Redazione

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