A Dixville è parità, bene l’early voting in Ohio

Pubblicato il 6 Novembre 2012 alle 13:45 Autore: Carlandrea Poli

L’election day viene inaugurato dal primo pareggio. A Dixville nel New Hampshire – uno dei tanti Stati in bilico in queste presidenziali – è finita 5-5. Romney e Obama appaiati, quando 4 anni fa gli equilibri erano nettamente a favore del presidente: con McCain finì 15 a 6 in favore del democratico. Nel suo piccolo un termometro del too close to call che potremmo vivere questa notte a spoglio in corso in Florida, Pennsylvania, Virginia e in altri Swing Staes.

Al tempo stesso la spia d’allarme di un calo dell’affluenza rispetto a Usa 2008. Nessun dramma, gli americani – sia gli elettori che i politologi più scafati – non si strapperanno i capelli: l’abitudine è di avere una partecipazione al voto inferiore al 50%. Quando la prova di mobilitazione è tale per un fattore storico e di change radicale – tipo la prima elezione di Obama quattro anni fa – si può arrivare al 60%. Un forte deterrente alla partecipazione al voto su livelli europei è sicuramente la data scelta per Costituzione: il primo martedì di novembre dopo il primo lunedì di novembre. Un giorno lavorativo, che non si può disertare: al massimo si può chiedere un permesso per andare a votare.

Proprio per venire incontro agli elettori più refrattari negli Stati Uniti questa “anomalia” costituzionale – giustificata storicamente quando l’America era una nazione agricola e per spostarsi dalle campagne alle città con seggi elettorali si potevano impiegare due giorni – è il fenomeno dell’early voting. Non facciamoci trarre in inganno dall’anglofonia. Dietro a questa denominazione sta un’estensione del tempo per esercitare del diritto di voto in una forma che già conosciamo in Europa. Chi risiede all’estero, in effetti, ma è cittadino italiano può votare per corrispondenza alcuni giorni prima del giorno delle elezioni nella madrepatria.

early voting

Nel Nuovo Mondo si è andati oltre, per togliere pretesti per non andare a votare agli stessi elettori residenti si dà la possibilità di anticipare il voto da due settimane a cinquanta giorni prima. Un elemento che agevola il voto delle minoranze, un segmento elettorale particolarmente prezioso per i democratici e, specialmente, per Obama.

E comparando il tasso di early voting fra le elezioni del 2012 e quelle del 2008 si capisce che il vento è nettamente cambiato. A fronte di un 30,6% di affluenza anticipata di quattro anni fa, secondo i dati di “United States Elections Project” ad ieri i votanti sono calati al 23,9% (dato tarato sul tasso di partecipazione del 2008) su scala nazionale. Un segnale poco incoraggiante a livello complessivo per Obama. Non fosse che ponendo sotto la lente di ingrandimento la battaglia Stato per Stato il responso è molto meno univoco. L’Ohio è emblematico. Qui si sono concentrati gli sforzi maggiori di Obama e Romney e l’early voting è stato lievemente in crescita: 1,8 milioni di votanti contro gli 1,6 del 2008. Non si può conoscere, però, la distribuzione per partito in quanto l’elettore si registra senza dare indicazione di partito.

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L'autore: Carlandrea Poli

Nato a Prato il 27/06/1987 giornalista pubblicista, ha cominciato a collaborare con alcune testate locali della sua città per poi approdare al Tirreno. Appassionato delle molte sfaccettature della politica, ha una predilezione per la comunicazione, l'economia e il diritto. Adora il neomonetarismo, l'antiautoritarismo della scuola di Francoforte e prova a intonare nel tempo libero con scarso successo le canzoni di Elisa Toffoli. Su Twitter è @CarlandreaAdam
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