Berlusconi minaccia il governo. A chi converrebbero le elezioni anticipate?

Pubblicato il 29 Ottobre 2012 alle 18:09 Autore: Livio Ricciardelli
Silvio Berlusconi

Due sono gli elementi più interessanti della conferenza stampa berlusconiana di Lesmo della giornata di sabato: la conferma che non ci sarà una candidatura di Berlusconi alla guida del paese, e dunque si terranno le primarie del centrodestra il 16 dicembre, e l’annuncio di una fase di verifica da parte del PdL per decidere se staccare o meno la spina a questo esecutivo.

Sono i due elementi più importanti perché in molti si aspettavano altro dalla conferenza stampa convocata il giorno dopo la condanna a 4 anni per frode fiscale. Chi pensava ad un rapido passo indietro rispetto alle dichiarazioni di mercoledì si è dovuto ricredere in quanto non sarà Berlusconi il candidato premier dello schieramento di destra. Chi si aspettava il lancio di un nuovo soggetto politico o di una lista organica personale da affiancare al partito non ha trovato pane per i propri denti, almeno in queste dichiarazioni berlusconiane.

 

La dichiarazione dunque che fa tremare più i palazzi, considerando che vani sono stati negli anni i tentativi berlusconiani di riformare la giustizia in Italia, è stata quella legata al governo Monti.

Soprattutto perché sono frasi che in molti non si aspettavano considerando le dichiarazioni e le mosse del Popolo della Libertà delle ultime settimane.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi ha pesantemente attaccato il governo per due motivi principali: l’inerzia sul fronte delle riforme costituzionali e la politica economica eccessivamente recessiva e poco sensibile al tema della crescita.

Sul primo fronte non risultano esserci dichiarazioni berlusconiane. Anzi. Molto spesso Berlusconi ha elogiato Monti come colui che stava facendo delle riforme che, per vari motivi, a lui non erano state consentite per motivi politici. Per quanto riguarda la crescita è giusto ricordare la lettera che Berlusconi scrisse, in contemporanea con l’ultimo consiglio europeo, criticando l’Unione Europa in quanto soggettività politica troppo poco attenta allo sviluppo e aggrappata ai dogmi della pura austerità.

Dichiarazioni dai connotati anti-tedeschi che sono emersi anche nell’incontro di Villa Gernetto.

Considerando queste “motivazioni”, perché far cascare il governo ora? Un ritorno alle urne in febbraio che favorirebbe?

Su questo tema gli interessi del centrosinistra e del centrodestra sembrano coincidere. Per vari motivi.

In primo luogo per quanto riguarda la legge elettorale: nonostante il fronte pressing quirinalizio, che considera l’attuale Porcellum una legge incostituzionale, sia il Pd che il PdL concordano sottovoce nel mantenere questa attuale formula elettorale. Soprattutto, questo si pensa in casa democratica, rispetto alla confusa bozza Malan. Con la legge elettorale vigente infatti l’alleanza Pd-Sel-Psi avrebbe quanto mai grandi chance per ottenere il premio di maggioranza alla Camera. E ciò accantonerebbe l’ipotesi di un Monti bis (osteggiata anche da Berlusconi) a meno che non si delinei una situazione di pura ingovernabilità a Palazzo Madama. Al tempo stesso il PdL, soprattutto se andrà in porto la candidatura unitaria di Maroni alla Regione Lombardia per conto di tutto il centrodestra, può sperare di ridisegnare le sembianze di una nuova Casa della Libertà in grado di gareggiare col centrosinistra per il premio di maggioranza a Montecitorio.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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