“Chiedo le dimissioni di Bersani e dei dirigenti PD”

Pubblicato il 31 Marzo 2010 alle 11:03 Autore: Fabio Chiusi

La lettera aperta con cui il nostro collaboratore e blogger Fabio Chiusi chiede le dimissioni della dirigenza del Partito democratico

 

“Chiedo le dimissioni di Bersani e dei dirigenti PD”

 

Caro Pierluigi Bersani,

quando sei diventato segretario del Partito Democratico dicesti: “il più grande antiberlusconiano è quello che lo manda a casa“. In nome di quell’ideale, ti dichiarasti pronto a “riaprire il cantiere dell’Ulivo”, a “un progetto di alleanza di governo” che guardasse a tutto l’arco del centrosinistra, dall’UDC a Di Pietro. E anche su queste basi vincesti le primarie.

Sembra una vita fa, ma era solo il 16 ottobre 2009. Cosa è successo in questi cinque mesi? Sostanzialmente, nulla. Il Partito Democratico è un progetto in cerca di una identitàcome allora. Il tema delle alleanze tiene ancora banco – da una parte chi ti vorrebbe pronto al dialogo per le riforme, e dunque vicino all’UDC; dall’altra chi rigetta con violenza questa strategia “inciucista”, e ti vedrebbe vincente in compagnia dell’Italia dei Valori, della sinistra radicale e, perché no, del Popolo Viola. Alle elezioni, nonostante tu percepisca una “inversione di tendenza”, si continua a perdere. E Berlusconi, nonostante sia stato dato per morto (politicamente) altre decine di volte, è sempre lì, con le sue promesse da guaritore (“vincerò il cancro entro tre anni”) e i suoi giuramenti solenni.

Certo, qualcosa è diverso. All’appello mancano Binetti, Carra, Rutelli e diversi altri – anche se questo non ha contribuito a fare chiarezza sul tema dei diritti civili. Il numero dei disoccupati è continuato a salire, colpendo con maggiore crudeltà proprio le fasce che tradizionalmente bussavano alla tua porta, per sperare in una protezione – ma di lavoro non si è sentito parlare. E così, mentre a ottobre 2009 il centrosinistra governava in Calabria, Campania, Piemonte e Lazio, ora il compito spetta al PDL e alla Lega. E questo nonostante gli scandali abbiano continuato ad abbattersi sul presidente del Consiglio, sulla Protezione Civile, sul PDL di Milano. E poi le intercettazioni, il caos liste nel Lazio – niente è bastato per far cambiare idea agli elettori del centrodestra. Che, semmai, hanno mutato bandiera all’interno dello schieramento. E hanno votato in massa (quelli che si sono presentati alle urne, sia chiaro) per la Lega Nord.

A fronte di tutto questo, caro Pier Luigi, ti faccio una domanda: quale futuro vedi per il tuo partito? Come pensi di poter tenere insieme le scorribande di Di Pietro con la “politica dei due forni” di Casini? Come pensi di amalgamare le correnti e ricavarne una “sintesi” (una parola che piaceva tanto a voi del PD durante le primarie) allo stesso tempo capace di decisioni e facilmente riconoscibile dall’elettorato? Come intendi smettere di inseguire Berlusconi e i suoi teoremi, e iniziare finalmente a dettare l’agenda politica al Paese (lo so, sembra assurdo il solo dirlo, ma sarebbe normale se fosse l’opposizione a stuzzicare il governo sulle sue carenze, e non viceversa)?

Vedi, caro Pier Luigi, sarà perché non faccio politica, ma io non vedo una risposta a queste domande. Non data l’attuale situazione del Partito Democratico. La cui dirigenza è troppo impegnata a capirsi per farsi capire. Troppo impegnata a distinguersi (io sono cattolico, io sono riformista, io sono “semplicemente democratico”) per fare breccia nell’elettorato. Troppo innamorata della sua dialettica per parlare la lingua della gente. Troppo abituata a vedere in Berlusconi il riferimento naturale di ogni discorso per raccogliere l’istanza di cambiamento che viene dai settori moderati del Paese che in lui non si riconoscono.

E’ per questo, e non per una antipatia personale, che ti chiedo di rassegnare le tue dimissioni, e di chiedere alla dirigenza del partito di fare altrettanto. Consideralo un ultimo, accorato gesto d’amore di chi è disposto a sacrificare se stesso nel nome di ciò in cui crede. E che, se le cose restano come stanno, non avrà modo di vedere realizzato.

Se davvero hai a cuore il tuo partito, chiedi un rinnovamento radicale della sua classe dirigente. Affidalo nelle mani di giovani bravi e collaudati – so che hai la fortuna di poterne disporre. Fidati di loro. Pensa se a queste elezioni il PD avesse presentato solo facce nuove, tra i candidati. Pensa alla fatica di Berlusconi a trovare per loro riferimenti storici e politici (“sono ex-comunisti”), a spacciarsi per quello che parla la lingua della gente (a 73 anni avrebbe potuto essere loro nonno), a capire le modalità comunicative con cui questi giovani avrebbero potuto batterlo (internet, i social media ma anche l’azione volontaristica dei coetanei, l’entusiasmo di chi si getta per la prima volta in una avventura più grande di sé).

Perché nessuno ci ha pensato? Davvero la politica è una professione complicata al punto da non essere accessibile a chi abbia meno di cinquant’anni o a chi non vanti una consolidata militanza all’interno di una corrente del partito? E’ inutile parlare direponsabilizzazione delle nuove generazioni se poi a ricoprire gli incarichi decisivi sono sempre politici coi capelli bianchi. Inutile promettere il rinnovamento se, gira e rigira, i nomi sono sempre gli stessi. Inutile parlare di un futuro che non vivrete come ceto produttivo, come lavoratori, come giovani madri e padri di famiglia.

Per questo chiedo le tue dimissioni e quelle dell’intera dirigenza del partito, Pier Luigi. Perché questo Paese ha un estremo e immediato bisogno di una forza di opposizionecredibile – e in questo momento il Partito Democratico non lo è. Che gioverebbe non soltanto all’opposizione, ma anche a quei moderati del centrodestra che in Berlusconi, nella sua arroganza, nella sua gestione autoritaria del partito e delle cosa pubblica non si riconoscono.

Sarebbe un gesto nobile, anche se l’ultimo. Un segnale che per qualcuno nella classe dirigente di questo Paese la politica è ancora un ideale per cui sacrificare qualcosa di sé, dei propri privilegi e delle proprie comodità. E un modo per riguadagnare forse la fiducia di quel quaranta per cento dell’elettorato che ha preferito disertare le urne a causa della rassegnazione. Forse il più grande antiberlusconiano è quello che si manda a casa. Pensaci.

Con stima,

Fabio Chiusi