Ipsos: l’effetto primarie trascina il Pd verso il 30%, ancora giù il Pdl

Pubblicato il 17 Ottobre 2012 alle 00:36 Autore: Carlandrea Poli

Che gli italiani siano d’accordo con l’esperienza di Bersani, da domenica ufficialmente in corsa per le primarie del 25 novembre, o con la rottamazione di Renzi una cosa è certa per Ipsos, il clima da competizione interna al centrosinistra sta mettendo le ali al Partito Democratico. Questa settimana nelle preferenze degli elettori ha guadagnato un altro punto percentuale e col 29,2% rivede quota 30%. Un livello sconosciuto in via del Nazareno dai tempi dell’abbandono della vocazione maggioritaria di conio veltroniano. Sul fronte opposto il Pdl, sciabordato su scala nazionale da uno scandalo all’altro, dal caso rimborsi di Fiorito all’indagine sul voto di scambio con la ‘ndrangheta dell’ex assessore lombardo Zambetti, sprofonda sotto il 18% al 17,7%.

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Un ulteriore mezzo punto percentuale lasciato sul terreno elettorale negli ultimi sette giorni. A beneficio del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, elettrizzato dal tour di comizi in Sicilia per le Regionali. Il MoVimento è al 17,6%, in base ai dati Ipsos si può, quindi, considerare statisticamente la seconda forza nel paese ex aequo col Popolo della Libertà.

Anche la Lega Nord appare sofferente per l’affaire giunta Formigoni. Nonostante sia prevalsa fra la base e fra i dirigenti lombardi l’istanza di andare quanto prima al voto e di imporre una netta discontinuità col governatore in carica minato dagli scandali e dalle inchieste della magistratura meneghina, i consensi si sono flessi al 4,6%.

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Nel resto dello scacchiere le posizioni sono pressoché stazionarie con un’eccezione significativa. Sinistra Ecologia e Libertà cala al 5,2% dal precedente 5,6%. Un dato poco brillante, che sembra confermare negli orientamenti degli italiani un’impressione mediatica ben captata nell’ultima settimana: il governatore della Puglia, Nichi Vendola stenta a inserirsi nel dibattito per le primarie, assolutamente polarizzate attorno alla dicotomia Bersani-Renzi.

Questi conti sono fatti, ovviamente, tenendo conto solo di chi esprime l’intenzione di andare al voto. Perché, com’è in parte comprensibile dalla relativa lontananza del giorno delle urne, esiste un 42,1% propenso a non andare a votare. Più di 10 milioni di voti che possono fare la differenza alle elezioni politiche nel 2013 e, ancor prima, nel decretare il verdetto della premiership del centrosinistra.

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L'autore: Carlandrea Poli

Nato a Prato il 27/06/1987 giornalista pubblicista, ha cominciato a collaborare con alcune testate locali della sua città per poi approdare al Tirreno. Appassionato delle molte sfaccettature della politica, ha una predilezione per la comunicazione, l'economia e il diritto. Adora il neomonetarismo, l'antiautoritarismo della scuola di Francoforte e prova a intonare nel tempo libero con scarso successo le canzoni di Elisa Toffoli. Su Twitter è @CarlandreaAdam
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