Termometro Finanziario: mercati in altalena fra incertezze e speranze

Pubblicato il 25 Giugno 2012 alle 10:55 Autore: Giovanni De Mizio

Termometro Finanziario: mercati in altalena fra incertezze e speranze

 

In altalena le borse europee nella scorsa settimana: alcune notizie hanno raffreddato gli entusiasmi collegati alla vittoria elettorale greca del partito di centrodestra Nuova Democrazia, che ha formato un governo con socialisti e Sinistra Democratica, che dovrebbe garantire, da un lato, la continuità della politica greca futura con quella dei precedenti due anni, dall’altro un ammorbidimento delle condizioni imposte dalla Troika alla Grecia per poter usufruire degli aiuti internazionali che permettono allo Stato di rimanere in piedi.

Fra le notizie che hanno mosso i mercati all’improvviso troviamo il declassamento, da parte di Moody’s, del rating di diverse fra le maggiori banche del mondo, come Bank of America, Citigroup, Goldman Sachs e Deutsche Bank. Il declassamento segnala il deterioramento del sistema bancario internazionale in una crisi che sta velocemente smantellando tutte le iniziative volte ad uscirne presto e bene.

La Federal Reserve USA, dal canto suo, nel lasciare invariati i tassi di interesse, ha annunciato un prolungamento dell’operazione TWIST, che prevede la vendita di titoli a breve scadenza (fino a tre anni) al fine di effettuare acquisti di titoli a lunga scadenza (da sei a trenta anni): scopo del “gioco” è l’abbassamento dei tassi di interesse a lungo termine, ovvero quelli presi a riferimento dagli investitori, e quindi arrivare a una riduzione del costo dell’indebitamento di Stato, famiglie e imprese. Deluse quindi le aspettative di un nuovo round (il terzo) di alleggerimento quantitativo (QE, Quantitative Easing): la Fed ha preferito mantenere stabile la propria politica monetaria a causa dell’incertezza della congiuntura economica. In altre parole, se le cose dovessero peggiorare, ci sarà tempo per allagare il mercato con denaro fresco di rotativa.

mercati

Ora le attese sono tutte per il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno, che dovrebbe delineare la nuova roadmap per l’uscita dalla crisi. Il vertice a quattro (Francia, Germania, Italia e Spagna) ha portato a una dichiarazione di intenti che dovrebbe mutare non di poco (ma neppure di quanto necessario, per ora) il quadro della situazione: l’1% del PIL europeo destinato a investimenti per la crescita e compiti di vigilanza alla BCE in vista della creazione di una vera unione bancaria europea. Si tratta di un passo avanti, ma non sembra ancora abbastanza: servono armi non convenzionali per calmare le turbolenze e le paure dei mercati e per stimolare la crescita anche in un processo di rientro dal debito come quello presente, ma la Germania (in parte a ragione) vorrebbe prima la sacrosanta unione politica europea per evitare che i soliti Stati furbetti ne approfittino per fare danni; ma il progetto è ancora osteggiato dalla miopia di personaggi discutibili (come il presidente del Consiglio Europeo Herman van Rompuy), oltre che da nazionalismi anacronistici in un mondo globalizzato come quello presente.

Per quanto riguarda l’agenda macroeconomica della settimana entrante, lunedì si segnala il dato sulla vendita di case esistenti negli Stati Uniti, importante indicatore della fiducia dei consumatori, in quanto le persone effettuano un acquisto importante come la casa solitamente quando sentono che le condizioni economiche sono destinate, quanto meno, a non peggiorare. Le vendite dovrebbero risultare in leggero aumento, ma ancora piuttosto depresse.

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