Quelle sfide che vanno accettate

Pubblicato il 28 Maggio 2012 alle 11:52 Autore: Livio Ricciardelli
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I supporter del sistema elettorale a doppio turno, o ancor meglio del sistema istituzionale francese, si augurano che la spinta propulsiva originata dalla vittoria di Hollande in Francia dia tutti i suoi frutti. O comunque non si disperda nel breve periodo.

La politica italiana infatti come molto spesso capita è galvanizzata dagli eventi internazionali e ora tutti vogliono fare i “francesi”. Accadde già nel 2007 quando tutto il centrodestra nostrano fu colpito dall’infatuazione sarkozysta non prevedendone, come era evidente, i nefasti esiti.

Il PdL allora sfrutta il caso ellenico, d’impronta proporzionalista, e la speditezza del sistema francese per fare una proposta da sempre non lontana dal dna della destra italiana: l’elezione diretta del capo dello stato.

Si tratta senz’altro di una mossa di impronta tattica da parte di Berlusconi che non sembra trovare una quadra per il suo partito. E la tanto agognata discontinuità promessa dalla leadership di Alfano non si è mai vista e ha mostrato i suoi profondi limiti. Sia sotto il governo “amico” sia sotto il governo Monti.

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Non è dunque la “più grande novità politica dai tempi della discesa in campo” ma la proposta del PdL di passare ad  un sistema di tipo semipresidenziale non è del tutto nuova anche solo dal punto di vista teorico.

Quello che fa riflettere maggiormente è però la reazione alla proposta berlusconiana. Perché se l’Udc comprensibilmente fa melina, non pensando ad altro che al modello tedesco, è la reazione del  Pd che dovrebbe far riflettere.

Pierluigi Bersani ha subito detto che probabilmente si tratta di una mossa tattica da parte di Berlusconi e che probabilmente (visto che l’ex premier propone una riforma costituzionale) non ci sono i tempi tecnici.

Un’analisi ineccepibile. Ma che forse pecca proprio su questo punto: è un’analisi quasi troppo d’analista e non da chi guida e fa parte a pieno ritmo del gioco politico.

L’approccio della sinistra al tema del semipresidenzialismo e del doppio turno alla francese è infatti da sempre una storia contrassegnata dal coraggio. Per quanto non sia il sistema da sempre prediletto lo stesso Massimo D’Alema nel corso degli anni ha più volte dichiarato che non occorreva demonizzare una proposta di questo tipo. E non servivano alzate di spalle ma schiena dritta.

Certo, i precedenti, Bicamerale in testa, non sono quanto mai favorevoli.

Ma il quesito è: perché il Pd, a maggior ragione dopo la sua proposta di riforma elettorale, non accetta la sfida di Berlusconi? Perché non ci sono i tempi tecnici? Probabilmente per quanto riguarda l’aspetto costituzionale (elezione diretta del Presidente della Repubblica) ma non è detto che lo sia per tutte quelle riforme di carattere ordinario come la legge elettorale.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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