Anticipo TFR dal datore di lavoro: quale percentuale si può chiedere? I limiti

Pubblicato il 25 Marzo 2021 alle 11:39 Autore: Claudio Garau
Operai

Anticipo TFR dal datore di lavoro: quale percentuale si può chiedere? I limiti

Nel diritto del lavoro e, più nello specifico, nella permanenza del rapporto di lavoro tra azienda e lavoratore, è ammessa la possibilità di domandare ed ottenere un anticipo TFR al datore di lavoro. Con il cd. trattamento di fine rapporto, la legge individua quella che è anche chiamata ‘liquidazione’ o ‘buonuscita’, ossia una fetta di retribuzione spettante al lavoratore dipendente, ma differita alla cessazione del rapporto di lavoro. Il congelamento dell’erogazione della somma è operazione riservata all’azienda.

Di seguito, vogliamo affrontare una specifica questione pratica sul tema TFR: quanto si può chiedere al datore di lavoro come anticipo TFR? La domanda è assolutamente legittima, se pensiamo che la legge in materia non vieta di versare una percentuale del trattamento di fine rapporto in anticipo. Vediamo dunque come funziona il meccanismo.

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TFR: che cos’è in breve

Prima di occuparci del quesito appena esposto, richiamiamo in sintesi i tratti essenziali del trattamento di fine rapporto, onde non confondersi e non equivocarlo con la Naspi.

Il TFR, sigla di trattamento di fine rapporto, consiste in quella prestazione economica che deve essere assegnata al lavoratore subordinato all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, per qualsiasi causa detta cessazione si abbia. Pertanto, motivo idoneo a far scattare il diritto al trattamento di fine rapporto non è soltanto il licenziamento, ma anche le dimissioni o il raggiungimento dell’età della pensione e, in ipotesi di un rapporto a tempo determinato, òa scadenza del contratto di lavoro con l’azienda. Detta prestazione economica viene accantonata via via nel corso del tempo dal datore di lavoro – e quindi conservata nelle casse dell’azienda – per poi essere versata al lavoratore nei casi appena citati.

Calcolo e utilizzo del trattamento di fine rapporto

In altre parole, il TFR è una sorta di salario posticipato determinato per quote annuali. Per quantificare quanto TFR spetta all’atto della cessazione del rapporto lavorativo è sufficiente dunque compiere un “semplice” calcolo. Per individuare il montante totale è necessario infatti sommare la retribuzione annua divisa per 13,5. Detto montante deve essere poi aggiornato ogni anno per ‘’indice di rivalutazione” stabilito in misura pari al 75% dell’inflazione più 1,5% fisso.

Ricordiamo altresì che i destinatari del TFR sono tutti i lavoratori dipendenti, dotati dunque di un contratto di tipo subordinato, sia esso a tempo determinato o indeterminato, del settore pubblico o privato.

Il lavoratore può scegliere uno fra diversi utilizzi del TFR:

  • mantenimento della somma nelle casse dell’azienda, fino al momento della liquidazione al termine del rapporto di lavoro;
  • versamento ad un fondo di previdenza integrativa (cd. fondi pensione)

Non è invece più possibile ottenere il TFR in busta paga. Infatti, con il messaggio n. 2791/2018 l’INPS ha ufficialmente confermato che con a partire da luglio 2018, non è più possibile incassare il TFR in busta paga. Il legislatore infatti non ha optato per la proroga o la revisione della disciplina del c.d. QUIR (Quota Integrativa della Retribuzione), prevista dalla legge di stabilità 2015. Si è trattato insomma di una fase sperimentale, con durata appunto fino al 2018.

Resta invece possibile ottenere un anticipo TFR dal datore di lavoro, in considerazione di specifiche esigenze, come ora vedremo.

Anticipo TFR: entro quali limiti è concesso?

Come abbiamo appena detto, in ipotesi di particolari esigenze o motivi, legati di solito a spese da sostenere per prestazioni sanitarie o per l’acquisto della propria abitazione o dei figli, è ammesso ottenere un anticipo TFR. Insomma, per affrontare alcune spese importanti e specifiche per il lavoratore ed il suo nucleo familiare, si può contare su un anticipo della somma TFR, tenuto conto di regole specifiche da applicare alla lettera.

Infatti, in base all’art. 2120 del codice civile, ciascun lavoratore ha diritto al trattamento di fine rapporto, in ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro. Ma, in certi casi non è necessario aspettare detta cessazione e si può beneficare della quota nel periodo lavorativo. Entro quale limite?

Sono i commi dal 6 all’11 dell’art. 2120 c.c., che disciplinano questa anticipazione. Infatti la regola di legge sancisce che, salvo condizioni più vantaggiose previste dai CCNL o da accordi individuali, il lavoratore subordinato può richiederla:

  • laddove abbia ha un’anzianità di servizio alle dipendenze della stessa azienda, che corrisponda ad almeno 8 anni;
  • soltanto in misura corrispondente al 70% del TFR maturato entro il giorno della richiesta (pertanto, si tratta del trattamento di fine rapporto cui si avrebbe diritto se il rapporto di lavoro terminasse proprio nella data della richiesta anticipo TFR).

Per quali spese vale il diritto all’anticipazione della somma?

Come accennato, le cause che per il legislatore rendono legittima la richiesta di anticipazione TFR sono correlate a contingenze economiche che spingono il dipendente a voler sfruttare l’importo del TFR per far fronte:

  • a spese sanitarie obbligatorie “per terapie e interventi riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche” (comma 9 let a) art 2120c.c.)
  • all’acquisto per uso abitativo della “prima casa per sé o per i figli, documentato con atto notarile” (comma 9 let a) art 2120c.c.). Sono comprese le spese per interventi di ristrutturazione, manutenzione o restauro della prima casa.

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Ma attenzione: l’art. 5 d. lgs n.151 del 2001- e l’art.7 legge n. 53 del 2000 hanno disposto una ulteriore possibilità di anticipo TFR. Detti articoli infatti prevedono l’eventualità della richiesta per fronteggiare le spese legati ai periodi di fruizione dei congedi parentali.

Concludendo, ricordiamo altresì che l’anticipo TFR può essere domandato ed ottenuto una sola volta dall’avente diritto e che, come logico, l’importo di fatto incassato, viene poi sottratto al TFR, spettante all’effettivo termine dell’attività lavorativa. Ed attenzione a quanto stabilito nel Codice Civile, giacchè il datore di lavoro può accogliere annualmente richieste “entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo… e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti” (art. 2120 c.c).

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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