Elezione del Presidente della Repubblica nel 2022, i numeri in Parlamento

Pubblicato il 22 Gennaio 2021 alle 18:45 Autore: Gianni Balduzzi
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Elezione del Presidente della Repubblica nel 2022, i numeri in Parlamento

I poteri del Presidente della Repubblica in Italia, così come nelle altre repubbliche parlamentari, sono più che altro “simbolici”. Eppure nel nostro paese l’elezione del Capo dello Stato attira molta più attenzione, più “hype”.

Tra i motivi, oltre alla maggiore “rissosità” del sistema politico, vi è il potere che il Presidente ha di sciogliere le Camere o assegnare, in caso di crisi di governo, il cosiddetto incarico “esplorativo”. Quindi, il potere di nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri: un esempio il veto di Mattarella nel 2018 sul nome di Savona nel primo governo Conte.

Nella lunga storia delle elezioni del Presidente della Repubblica, sono sempre state giocate vere e proprie partite di Risiko, con offerte, controfferte e tatticismi vari. Non di rado sono state superate le 10 votazioni finite con un nulla di fatto prima di arrivare al nome definitivo dell’inquilino del Quirinale.

L’anno prossimo se il Parlamento sarà quello attuale non andrà probabilmente in modo diverso, anzi.

Elezione del Presidente della Repubblica, la maggioranza è risicatissima

Se nel 2015, per l’elezione di Mattarella la maggioranza, quella che sosteneva il governo Renzi, era solida, avendo sulla carta 610 seggi su 1009, ora la situazione è completamente diversa.

Ricordiamolo, il Presidente della Repubblica in Italia viene eletto dalle camere riunite: in pratica, a senatori e deputati bisogna aggiungere i delegati regionali, tre per ogni regione tranne la Valle d’Aosta, che ne invia solo uno, quindi 58 in tutto. Andando ai numeri: insieme ai 321 senatori (315 più 6 senatori a vita) e ai 629 deputati (un posto è vacante) parliamo quindi di 1008 aventi diritto per l’elezione del prossimo Capo dello Stato.

La maggioranza assoluta è fissata a quota 505 voti dal quarto scrutinio, nei primi tre bisogna incassare la maggioranza dei due terzi.

In poche occasioni è bastato un voto per giungere alla nomina. Tra queste l’elezione di Ciampi nel 1999, grazie all’accordo tra Berlusconi e D’Alema. Successivamente è stata la maggioranza di governo, sempre di centrosinistra, a decidere l’elezione, nell’ordine di Napolitano e Mattarella. Nel 2013 per la rielezione del primo si raggiunse un accordo tra centrodestra e centrosinistra dopo l’affondamento, da parte dei famosi 101, di Romano Prodi.

Quest’anno il panorama è ancora più incerto. Dopo la fiducia dei giorni scorsi, che ha rivelato come l’attuale esecutivo goda solo della maggioranza relativa in Senato, Conte ha al massimo 508 seggi su 1008. A questo numero si arriva includendo anche il presidente della Camera Fico, oltre che

  • 129 deputati PD,
  • 284 M5S,
  • 18 di LeU,
  • 9 senatori delle Autonomie, tra cui quelli a vita Cattaneo e Napolitano, Nencini e Rostan di Italia viva e PSI,
  • e ben 47 membri del Gruppi Misto di entrambe le camere, tra cui vi sono ex pentastellati, “costruttori”, senatori a vita come Monti e Segre.
  • A questi si aggiungono 26 delegati regionali, considerando che nelle 5 regioni con governo di centrosinistra dovrebbero eleggerne 2 su 3 della maggioranza mentre da quelle di centrodestra, 13, ne emergerebbe uno per ognuna. Abbiamo inserito in questo novero anche il valdostano e un esponente SVP

Come si può vedere si tratta di un panorama molto composito e instabile.

L’opposizione occuperà 453 scranni, grazie ai

  • 294 leghisti,
  • ai 142 forzisti (con l’UDC),
  • ai 42 di Fratelli d’Italia,
  • ai 33 esponenti del Misto che non votano la fiducia tra cui Azione e +Europa.
  • A questi si uniranno probabilmente, se i colori delle regioni non cambieranno, anche 32 delegati regionali, 26 dalle 13 regioni governate dalla coalizione, più 5 da quelle di centrosinistra e un leghista dal Trentino.

L’obbligo di grandi intese

Importantissimo sarà il ruolo dei 45 esponenti di Italia Viva. 2 senatori a vita sono segnalati come indipendenti visto che di fatto non partecipano al voto. Si tratta di Rubbia e Piano.

Anche perché è praticamente impossibile che una maggioranza con solo 3 voti in più del necessario rimanga compatta. I franchi tiratori hanno abbattuto maggioranze che sulla carta erano nell’ordine delle centinaia, figuriamoci una come questa. A maggior ragione considerando che è quasi certo che Napolitano per motivi di salute non sarà presente come in occasione della fiducia al Conte bis. Da valutare anche che nella compagine vi sono esponenti come la Lonardo, moglie di Mastella, Maria Grazia Rossi (ormai ex Forza Italia) ed ex 5 Stelle come Ciampolillo e Giarrusso dal comportamento indecifrabile. Naturalmente anche i gruppi di PD e M5S non sono granitici.

Di fatto vi sarà l’obbligo di accordi trasversali con l’opposizione o una sua parte (Forza Italia, Azione e +Europa forse), o almeno con Italia Viva, cosa che forse si rivelerà anche più difficile per la maggioranza attuale. Sempre che tra qui e il gennaio 2022 non si vada a elezioni, tra Covid e semestre bianco.

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L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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