Cosa significa fare ricorso in appello e quando si può procedere?

Pubblicato il 30 Novembre 2020 alle 13:19 Autore: Claudio Garau
Martello tribunale

Cosa significa fare ricorso in appello e quando si può procedere? 

Il diritto, come ben sappiamo, è fatto di tante espressioni tecniche che, però, vengono maneggiate quotidianamente da chi si occupa di leggi e di norme. Pensiamo ovviamente agli avvocati, ai notai, ai magistrati e a tutti coloro che, a vario titolo, lavorano all’interno dell’amministrazione della giustizia. Tra queste espressioni, vogliamo qui porre l’attenzione sulla locuzione ‘ricorso in appello‘: che cosa significa esattamente e quando si può attivare il cosiddetto ‘appello’? Vediamolo.

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Ricorso in appello: di che si tratta?

Chi perde una causa, pur difeso diligentemente dal proprio avvocato, ha diritto di rivolgersi alla Corte di Appello o al tribunale competente, affinchè si abbia un nuovo giudizio sul merito. Ricordiamo brevemente che un giudizio sul merito ha lo scopo di accertare come sono andate le cose, ovvero ricostruisce i fatti di causa, in modo da stabilire l’ordine cronologico di questi ultimi e la loro rilevanza per dare ragione o torto, ovvero per attribuire le responsabilità per un certo illecito. Il giudizio di merito, inoltre, individua le prove rilevanti per la decisione.

Si tratta di un secondo giudizio sul merito, giacchè prima di arrivare al ricorso alla Cassazione, l’interessato si rivolge prima al tribunale per il primo grado e, eventualmente, in un secondo tempo può fare ricorso in appello presso la Corte o il tribunale competente, supportato dal proprio legale di fiducia che redigerà un dettagliato e motivato atto d’appello.

In buona sostanza, la stessa questione, dopo aver ricevuto una certa sentenza del giudice di primo grado, può essere ri-valutata da un altro differente giudice, che dunque sentenzierà nuovamente sui fatti di causa e potrà valutare le responsabilità eventualmente in modo differente rispetto al primo giudice. Il provvedimento della Corte d’Appello o del tribunale competente, che scaturisce appunto dall’iniziale ricorso in appello, verterà anche sull’interpretazione della legge, precedentemente fornita dal giudice di primo grado.

Ecco allora chiaro che la finalità del secondo grado, ovvero del ricorso in appello, è in pratica svolgere una specie di revisione, di verifica sull’operato del giudice di primo grado. Da un lato colui che ha perso in primo grado, ha una ulteriore chance di vedere riconosciute le proprie ragioni, dall’altro il sistema giudiziario – per questa via – si tutela contro possibili errori nei provvedimenti dei magistrati.

Le circostanze in cui si può fare appello

A questo punto, dobbiamo rimarcare un aspetto fondamentale del secondo grado, ovvero dell’iter che parte con il ricorso in appello: l’interessato può fare appello in ogni tipologia di giudizio che lo vede coinvolto. Infatti, è possibile ricorrere in appello:

  • nel giudizio civile;
  • nel giudizio penale;
  • nel giudizio amministrativo;
  • nel giudizio tributario.

Chi sono però, concretamente, gli interessati a fare ricorso in appello? Ebbene – come sopra anticipato – si tratta di tutti coloro che in primo grado hanno perso, anche soltanto in maniera parziale. Invece, chi ha vinto in primo grado non ha diritto di fare ricorso in appello, per ovvi motivi di logica: se il giudice gli ha dato ragione in primo grado, non ha alcun interesse a proseguire oltre. Piuttosto, è ammesso il ricorso in appello per chi in primo grado ha vinto, ma non nella misura che desiderava: pensiamo al classico caso di chi ottiene, dal giudice, soltanto il 50% della cifra di risarcimento richiesta alla controparte.

A questo punto, dovrebbe essere ormai chiaro che il ricorso in appello mira ad ottenere una revisione della decisione del primo grado, magari allo scopo di mutare il torto in ragione.

In secondo grado, la Corte d’appello sarà l’organo che deciderà, se la decisione in primo grado è stata presa dal Tribunale; se invece la decisione è stata frutto di un giudice di pace, competente per il ricorso in appello sarà il Tribunale. Per individuare in dettaglio il giudice competente, rileveranno – sempre e comunque – le norme contenute nei cd. codici di procedura.

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Gli esiti dell’appello

Per concludere, vediamo dunque che cosa può succedere a seguito del ricorso in appello. Due gli esiti:

  • la parte che era già stata vittoriosa in primo grado, vince di nuovo perchè il giudice le dà di nuovo ragione;
  • la parte che era stata vittoriosa in primo grado, perde, mentre chi era stato sconfitto, ottiene una sentenza favorevole del giudice di appello.

Chi risulta sconfitto a seguito di un ricorso in appello può ancora contare su una chance, ovvero sul ricorso in Cassazione. Quest’ultima però non potrà più pronunciarsi sul merito, ovvero su fatti e prove, ma piuttosto potrà decidere con riferimento al rispetto delle norme di procedura e all’interpretazione e/o alla motivazione giuridica date dal giudice di primo e/o di secondo grado. Ciò a garanzia del corretto operato della macchina giudiziaria e pertanto a tutela delle legittime pretese del privato cittadino.

 

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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