Cos’è la crisi di governo e come si configura secondo la Costituzione

Pubblicato il 27 Ottobre 2020 alle 13:11 Autore: Claudio Garau
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Cos’è la crisi di governo e come si configura secondo la Costituzione

In questi giorni in cui la crisi sanitaria, la nuova chiusura di bar e ristoranti e le proteste in piazza stanno mettendo a dura prova la tenuta del Governo, torna in auge l’espressione “crisi di governo“. Ma che cosa significa esattamente e cosa è scritto sul punto nella Costituzione della Repubblica italiana? Vediamolo di seguito, in modo da ricostruire con limpidezza uno dei passaggi cruciali della vita di uno Stato democratico.

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Crisi di governo parlamentare ed extraparlamentare

Chiariamo subito il significato dell’espressione: la crisi di governo scatta all’indomani della cessazione del rapporto di fiducia intercorrente tra Governo e Parlamento, ovvero la cd. fiducia parlamentare. In tale situazione, sussiste l’obbligo di dimissioni del Governo stesso; d’altronde, lo stesso art. 94 comma 1 Cost. afferma che: “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere“. E oggigiorno, è considerata crisi di governo anche la mancata formazione di una maggioranza all’inizio di una legislatura, che è di ostacolo alla creazione di un nuovo governo, protraendosi così quello della legislatura anteriore.

La crisi di governo può avere natura parlamentare o extraparlamentare. Vediamo distintamente le due ipotesi:

Crisi di governo parlamentare

Scatta laddove il Governo sia “attaccato” da una mozione di sfiducia da parte di Camera o Senato (art. 94, comma 5, Cost.), oppure laddove il nuovo Governo non riesce ad ottenere la fiducia iniziale da parte di ambo le Camere (art. 94, co. 3, Cost.). Ma non solo: si parla di crisi “parlamentare” anche in ipotesi di di voto contrario da parte di una Camera, nelle circostanze nelle quali il Governo abbia posto la cd. questione di fiducia (art. 161, co. 4, reg. Senato e art. 116 reg. Camera).

In queste circostanze, il Governo si trova costretto a presentare le dimissioni al Presidente della Repubblica, che è tenuto di seguito a iniziare l’iter di formazione di un nuovo Governo e a prendere i provvedimenti di sua competenza. Va però rimarcato che il Governo dimissionario resta in carica fino all’entrata in funzione del successivo, dando luogo soltanto ad atti di ordinaria amministrazione ed evitando di impegnarsi in progetti ed iniziative di alta rilevanza politica. In questo senso, la posizione giuridica del Governo è in qualche modo assimilabile quella dell’Esecutivo appena formatosi e in attesa della fiducia di Camera dei Deputati e Senato.

Crisi di governo extraparlamentare

Scatta al di fuori delle ipotesi appena viste, laddove si verifica una crisi politica all’interno della maggioranza parlamentare che supporta il governo, per cui quest’ultimo non ha più la possibilità di far approvare i propri provvedimenti e ne trae le logiche conseguenze politiche con le dimissioni, pur in assenza di una formale votazione. In dette circostanze, la crisi è essenzialmente di natura politica, avendo origine e manifestandosi al di fuori dei rapporti con Camera e Senato: viene infatti meno la maggioranza politica parlamentare da cui è scaturita la nomina dei Ministri. E’ risaputo d’altronde che il Governo è espressione della sola maggioranza e, pertanto, se quest’ultima venisse meno, starebbe a significare che il Governo non rispecchia più l’orientamento politico del Paese e che quindi è necessaria una nuova fase.

In estrema sintesi, possiamo affermare altresì che la crisi di governo extraparlamentare trova la sua origine nei contrasti tra i partiti della coalizione e dalla conseguente impossibilità di funzionamento del Governo, anche a causa delle eventuali dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Se osserviamo la storia costituzionale repubblicana, tutte le crisi di governo sono state di ambito extraparlamentare, a parte quelle che hanno riguardato il Governo Prodi I nel 1998 e il Governo II nel 2008, infatti scaturite – rispettivamente – da un esplicito voto contrario da parte della maggioranza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Che succede in caso di crisi?

In dette circostanze in cui viene meno il rapporto di fiducia Governo-Parlamento, rileva il ruolo del Presidente della Repubblica. Infatti, è essenziale il suo contributo mirato a superare l’empasse e il blocco del normale funzionamento delle istituzioni. Quali soluzioni sono possibili? Eccole in sintesi:

  • mandato esplorativo affidato dal Presidente della Repubblica a un certo soggetto, dandogli il compito di controllare insieme alle parti politiche se sussiste l’opportunità concreta di creare un nuovo Governo senza nuove elezioni;
  • nomina di un nuovo Governo, che rappresenti i differenti e nuovi equilibri: il Premier resta invariato, ma vengono sostituiti i Ministri;
  • nomina di un nuovo Presidente del Consiglio;
  • rinvio del Governo a Camera e Senato, allo scopo di verificare il rapporto di fiducia;
  • creazione di un Governo tecnico, ovvero un Esecutivo di non definita identità politica e non composto da esponenti politici, ma da esperti della materia economica.

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Il Presidente della Repubblica dovrà insomma tentare tutte le soluzioni possibili, per evitare che il Governo vada a casa, ascoltando i leader di tutte le forze politiche e i capigruppo di Camera e Senato. 

Può tuttavia succedere che la situazione sia così compromessa da non poter essere risolta con una delle ipotesi sopra citate. Pertanto, in caso di crisi conclamata e irreversibile, al Capo dello Stato non resterà che attivarsi per indire nuove elezioni politiche, le quali serviranno a creare una nuova maggioranza, che avrà lo scopo di formare un Governo che rappresenti il l’orientamento politico del Paese.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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