Il film “Lockdown all’italiana” e le polemiche in arrivo

Pubblicato il 17 Settembre 2020 alle 17:50 Autore: Nicolò Zuliani

È già partito il tototrama per il prossimo capolavoro del cinema italiano, ma alcune domande meritano una risposta – o meglio, un’opinione.

L’account Twitter di Medusa film ha pubblicato la locandina del prossimo film di Vanzina, “Lockdown all’italiana”. Diretto (e presumibilmente scritto) da lui, interpretato da Ezio Greggio, Ricky Memphis, Paola Minaccioni e Martina Stella, ha una sinossi breve e concisa: “Due coppie scoppiate, costrette a restare unite a causa del lockdown. Si ritroveranno?”.

Internet, causa mancanza di linciaggi, deflagra.

C’è chi tenta d’indignarsi postando la celebre – e tragica – foto dei camion militari a Bergamo, dicendo che sul lockdown non c’è niente da ridere. Ma sulle tragedie si è sempre riso; spesso è il solo modo per digerirle. A mente mi vengono il nazismo de Il Dittatore, Train de vie di Moni Ovadia, The producers, La vita è meravigliosa, Jojo Rabbit. Il fascismo di Una giornata particolare con la Loren e Mastroianni, le risate che mi sono fatto guardando Gli anni ruggenti con Gastone Moschin e La marcia su Roma.

Il fatto è che Internet detesta i Vanzina e i cinepanettoni

Non tutta Internet, ma quella fetta di popolazione con istruzione medio alta che crede allo sbarco sulla luna era esplosa d’entusiasmo quando Maccio Capatonda aveva fatto “Natale al cesso, il genere di film che il mondo ci invidia”. Hipster, radical chic, universitari e gente che crede all’efficacia dei vaccini erano il target della serie TV Boris, tanto che all’interno c’erano perculate tipo “Natale con la Casta”.

Del resto i cinepanettoni si deridono praticamente da soli: personaggi stereotipati quanto obsoleti, linee narrative rubate e mutilate da Goldoni, gag da terza elementare, dialoghi senza ritmo, oggettificazione della donna, guizzi d’omofobia, legittimazione dell’illegalità. Basta prendere un minuto a caso e c’è di che ridere per ore.

E farlo faceva sentire intelligenti e sofisticati.

Quando per esempio su Boris la gente confondeva Sorrentino per Garrone o per Saviano, gli spettatori si davano di gomito: haha, che ignoranti. E l’ironia è che questa fetta di spettatori a sua volta confonde i Vanzina con Neri Parenti. I fratelli Vanzina hanno fatto film come Sapore di mare, il primo – e unico – Vacanze di Natale, Sotto il vestito niente e quella fotografia generazionale che è Yuppies.

Erano figli di un gigante del cinema italiano: Steno. Viceversa, è stato Neri Parenti ad aver fatto gran parte dei cinepanettoni che Internet ama deridere, ma è anche quello che ha girato Fantozzi contro tutti (quello della Coppa Cobram) e Fantozzi subisce ancora (quello con Loris Batacchi, capufficio pacchi). Ognuno di questi registi ci ha fatto fare risate enormi.

Allora cos’è successo alla commedia italiana?

Perché i film italiani fanno così pena e sono così patetici e infantili, rispetto ai capolavori del passato che ancora oggi, a vederli, lasciano a bocca aperta? C’è chi incolpa i registi impigriti, chi i produttori pavidi, chi gli attori incapaci e/o raccomandati, chi gli sceneggiatori senza idee, chi dice che ormai per farne parte devi avere “il pedigree e le conoscenze”.

Sono tutte cose vere, ma il punto è che Natale sul Nilo aveva incassato 28,3 milioni di euro. Natale in India, 19,2. Natale a Miami, 21,2. Boris, la serie, fu un flop. Il film, fatto sull’onda del successo social, è stato un altro flop: un milione scarso.

La stragrande maggioranza di pubblico non è quello che leggiamo in Internet, o meglio, nella nostra bolla informativa: è quello che al cinema ci va e non ne parla. Registi, produttori e sceneggiatori inseguono quello che il pubblico premia coi soldi, non con giffine e citazioni in Internet. I cinepanettoni e un certo stile di commedia italiana viene replicato perché paga. Questo dialogo lo capiscono 10 persone, perché racconta un mondo alieno. Mondo di cui hanno un’opinione assai diversa, espressa in Fratelli d’Italia con una scena pressoché identica.

Quest’ultima, però, la capiscono in 200. Perché, anche se sembra incredibile, la gente in Internet ha poco o nulla a che fare con la gente nel mondo reale.

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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