Dal lodo Schifani al lodo Alfano “costituzionale”

Pubblicato il 4 Novembre 2010 alle 10:46 Autore: Francesca Petrini
schifani

Pressante si è fatta in questi giorni la discussione sul c.d. lodo Alfano “costituzionalizzato” ma, per capire meglio l’essenza del dibattito, sarà bene fare qualche passo indietro.

 

Era il 21 giugno 2003 quando fu pubblicata la legge n. 140 del 2003, nota anche come “lodo Schifani”, originariamente proposta dal senatore della Margherita Antonio Maccanico al fine di evitare che nel semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo potesse essere lesa l’immagine internazionale dell’Italia con la condanna in un processo penale del suo Presidente del Consiglio (il riferimento è al processo SME). Nella formulazione dell’art. 1, il lodo Schifani recitava: “non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione fino alla cessazione delle medesime, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei Deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte Costituzionale”.

lodo schifani

Successivamente, nel gennaio del 2004, la Corte costituzionale intervenne con la sentenza n. 24 del 2004 e dichiarò l’illegittimità costituzionale del summenzionato art. 1 per violazione dei principi di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e di obbligatorietà dell’azione penale. Sebbene una temporanea sospensione dei processi penali nei confronti del Presidente del Consiglio sia prevista in diversi ordinamenti democratici, il lodo Schifani fu bocciato dalla Consulta in virtù di tre ordini di ragioni: anzitutto l’automatismo della sospensione del processo, stabilito per legge, che lede il diritto degli imputati a esercitare il diritto di difesa soggiacendo alle accuse; in secondo luogo, si rileva che la sospensione non può essere sine die, ovvero implicante il riferimento ad una data indeterminata, con il “rischio della reiterabilità degli incarichi e comunque della possibilità di investitura in altro”. È stato infatti sentenziato che “questa Corte aveva già ritenuto che una stasi del processo per un tempo indefinito e indeterminabili vulnerasse il diritto di azione e di difesa (sent. n. 354 del 1996) e che la possibilità di reiterare la sospensione ledesse il bene costituzionale dell’efficienza del processo (sent. 353 del 1996)”. Di conseguenza, la Corte costituzionale ha stabilito che, se la circostanza in merito alla reiterabilità della sospensione non può essere esclusa, se ne deve dedurre che, usufruendo della sospensione del processo, non si può accedere ad un’altra “alta carica”, o comunque il processo non può essere di nuovo sospeso.

 

Nel giugno 2008 il Governo Berlusconi IV espresse la volontà di riproporre un nuovo disegno di legge riguardante l’immunità alle alte cariche (stavolta solo le prime quattro, facendo cioè rientrare il Presidente del Consiglio ma escludendo il Presidente della Corte Costituzionale): fu denominato “lodo Alfano” dal nome del proponente, il ministro della Giustizia. Così, nel luglio 2008 entrò in vigore il lodo Alfano (legge n. 124 del 2008) “con l’obiettivo di tutelare l’esigenza assoluta della continuità e regolarità dell’esercizio delle più alte funzioni pubbliche”. A parere del ministro, il nuovo provvedimento si differenziava dal lodo Schifani, che riprendeva in termini di contenuti, perché compatibile con quanto indicato nella sentenza della Corte che aveva in precedenza dichiarato l’illegittimità costituzionale della parte inerente tematiche comuni a quelle trattate nella nuova legge. Le modifiche apportate da questo “lodo” al precedente erano diverse, tra cui il termine di legislatura per la sospensione dei processi e la possibilità di proseguire con le azioni civili di risarcimento.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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