Sinistra ecologia e libertà: il primo congresso nazionale

Pubblicato il 27 Ottobre 2010 alle 08:13 Autore: Gabriele Bracci
sel Vendola

Dal 22 al 24 ottobre si è svolto al Saschall di Firenze il primo congresso fondativo di Sinistra ecologia e libertà.

Sinistra ecologia e libertà: il primo congresso nazionale

Attraverso questo appuntamento, il movimento (di cui fanno parte ex Ds, ex Prc, ex Verdi, ed alcuni ex Pdci) si è definitivamente trasformato in partito.
Un partito, come si può leggere nel manifesto fondativo, i cui principi fondamentali sono “la pace, la non violenza, il lavoro, la giustizia sociale, il sapere, e la riconversione ecologica dell’economia e della società”.

“Riaprire la partita” è stato lo slogan scelto per la manifestazione, articolata in tre giorni, e che poteva contare sulla presenza di 1.400 delegati (di cui il 40% donne) eletti su una base di circa 43mila iscritti. In discussione vi era un unico documento congressuale (“Manifesto per Sel”) non emendabile, ed al quale non era possibile proporre mozioni alternative. Termometro Politico era presente all’appuntamento, e vi propone una descrizione di quanto accaduto.

 

Il congresso si apre con il saluto del sindaco di Firenze Matteo Renzi, al quale segue la relazione introduttiva di Nichi Vendola, leader e portavoce della nascente forza politica. Per il discorso del presidente pugliese c’è grande attesa, e ad ascoltarlo in platea vi sono le rappresentanze politiche di tutti i partiti con i quali Sel può potenzialmente stringere alleanze: Carra per l’Udc; Anna Finocchiaro per il Pd; Salvi, Diliberto e Ferrero per la Federazione della Sinistra. In prima fila vi è inoltre Fausto Bertinotti, da molti considerato il “padre nobile” del partito e primo consigliere di Vendola. Non manca neanche Marco Ferrando, attuale leader del Pcl ed ex compagno di partito proprio del presidente pugliese. Spiccano invece due assenze di peso come quella di Bersani e quella di Antonio Di Pietro.

 

Vendola parla “a braccio” per un’ora e mezza, ed il suo intervento sembra prefigurare la piattaforma programmatica con la quale egli intende presentarsi alle (eventuali) primarie di coalizione per la carica di candidato dell’intero centro-sinistra. In apertura precisa subito che la sinistra che ha in mente deve essere una sinistra che non ha paura di perdere, che “deve contrastare la vocazione minoritaria” e che la smetta di compiacersi di “perdere bene tutte le battaglie”. Questo perché a suo modo di vedere la “sinistra per la paura di perdere si è persa, si è smarrita”. Egli, in sostanza, reputa superato lo schema di una sinistra radicale che si allea con i moderati per condizionarne l’operato. Il suo progetto risulta essere più ambizioso: ricostruire l’intero centro-sinistra su una piattaforma programmatica nuova che non eluda i principali nodi come la difesa del posto di lavoro, del reddito, della scuola pubblica e della cultura, intesa come mezzo per accrescere la conoscenza e quindi come “conditio sine qua non” per rendere gli uomini liberi. Si tratta dunque di conciliare “sinistra” e “vocazione maggioritaria”. Un’idea ambiziosa, ma certo di non facile realizzazione.

 

Il lavoro è comunque il tasto sul quale Vendola spinge di più e dal quale ritiene necessario ripartire per costruire l’alternativa al berlusconismo. Dal suo punto di vista le battaglie di Melfi e Pomigliano non rappresentano dei casi isolati ma piuttosto rappresentano “i cartelli stradali necessari per capovolgere la destra in Italia”. È da qui che a suo modo di vedere occorre imprescindibilmente ripartire.

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