Il discorso di Wisłava Szymborska per il Nobel: la passione e il “non so”

Pubblicato il 10 Dicembre 2019 alle 16:17 Autore: Rosaria Mautone

Un commento sul discorso tenuto da Szymborska in occasione del conferimento del premio Nobel per la letteratura nell’anno 1996.

Il discorso Nobel di Wisłava Szymborska: la passione e il "non so"
Il discorso di Wisłava Szymborska per il Nobel: la passione e il “non so”

Il discorso di Wisłava Szymborska per il premio Nobel: la passione e il “non so” del poeta

Quando, nel dicembre del 1996, la poetessa polacca Wisłava Zsymborska (1923-2012) viene insignita del Premio Nobel per la letteratura, si assiste in Europa una strana discordanza di opinioni. Se in Germania, in Inghilterra e in Svezia la notizia viene accolta con soddisfazione e senza il minimo stupore, la stessa sembra invece destare scalpore nell’ambiente della critica letteraria italiana, che non nasconde la sua diffidenza e le sue perplessità nei confronti di quella scrittrice quasi sconosciuta, considerata poco più di un’aspirante.

In Polonia la reazione è ancora diversa: soprattutto a Cracovia, la città dove Zsymborska è cresciuta, la sua opera è da tempo un vero e proprio classico. Analogamente, la critica russa la colloca già tra i maggiori poeti del ‘900, e in certi casi la riconosce come la più grande poetessa del secolo.

Il 7 dicembre, in occasione del conferimento del Premio, Zsymborska pronuncia il suo discorso con imbarazzo e difficoltà. Oltre ad avere un carattere riservato, poco avvezzo alla notorietà, ella non ama parlare della poesia; confessa infatti di essersi pronunciata raramente sull’argomento e “sempre accompagnata dalla convinzione di non farlo nel migliore dei modi”.

Wisłava Zsymborska: L’ispirazione e la passione

Nel suo discorso, Zsymborska rifiutava di ricondurre la poesia a una disciplina, a una tecnica o a un’idea, legandola piuttosto a un “Impulso interiore” indeterminato, al quale ben si adatta il concetto moderno di “ispirazione”.

L’ispirazione, nel suo significato moderno, non è un privilegio esclusivo del poeta, o dell’artista in genere, ma uno “stato d’animo” di cui partecipa potenzialmente qualunque attività, se svolta con passione. In questo la poetessa sembrava ricalcare le parole di Sthendal: “La passione non è cieca, ma è visionaria”. Solamente, precisava che il poeta ricerca la sua ispirazione con in mano una penna e un foglio bianco, preparandosi a tradurla in linguaggio: “In silenzio, in attesa di se stesso. Perché, a dire il vero, solo questo conta”.

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Wisłava Zsymborska: L’importanza del non sapere. Il discorso per il Nobel

Nel discorso del 7 dicembre, Zsymborska sosteneva anche: “L’ispirazione, qualunque cosa sia, nasce da un incessante ‘non so’ “. La passione, sembrano voler dire le sue parole, genera irrequietezza, fantasia, curiosità. Ripetere a se stessi “non so” è un modo per abituarsi a non dare nulla per scontato, per non adagiarsi sul già noto. Se dunque il poeta è in grado di ricreare il mondo con le parole, ciò è possibile solo perché egli ha saputo sospendere l’automatismo del sapere e del saper fare, riversato nei discorsi e nelle azioni; perciò, affermava la poetessa: “Anche il poeta deve ripetere di continuo a se stesso “Non so”; come se alla base della poesia vi fosse prima l’abbandono momentaneo del linguaggio e dopo il suo ritrovamento.

Il linguaggio viene riacquistato allora per poter dire altre cose: Il non sapere risveglia nell’artista un’attenzione inusuale rivolta a tutti i fenomeni del mondo esteriore, come agli eventi di quello interiore. Non si tratta, almeno non esclusivamente, di una forma acquisita di ingenuità: al poeta si chiede anche consapevolezza e capacità nel mettere in dubbio l’ovvio e l’acquisito; egli deve accorgersi che il mondo è “la fiera dei miracoli”, come dice il titolo di una sua poesia, e non l’insieme delle cose e degli accadimenti ordinari.

Per questa via si giunge alla centralità riservata alla singolarità delle storie e delle esistenze. Nell’espressione poetica ogni parola (e con essa ogni cosa) può portare con sé il senso dell’eccezione.

Nulla due volte accade, recita una delle sue poesie più famose: “Nulla due volte accade/ né accadrà. Per tal ragione/ Nasciamo senza esperienza,/moriamo senza assuefazione”. Col suo discorso Szymborska invitava a fare dell’inesperienza una qualità di cui riappropriarsi ogni volta, a peccare volutamente di ingenuità, a osservare ogni cosa con stupore e senza angoscia per la mancanza di familiarità. Le sue parole suonano come un invito a praticare la meraviglia.

Le sue indicazioni ricalcano pienamente il suo modo di fare poesia: risuonano nelle domande poste sui più svariati argomenti, nell’ironia dei commenti, nelle note di riflessione, nella forma colloquiale del linguaggio e nella leggerezza dell’espressione. Così l’inesperienza diventa lo strumento principale della poesia, in grado di fornire al poeta occhi sempre nuovi con cui guardare agli eventi del mondo.

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