Illecito deontologico avvocati: cos’è, quando scatta e prezzi di concorrenza

Pubblicato il 29 Novembre 2019 alle 21:20 Autore: Claudio Garau

Illecito deontologico avvocati: di che si tratta, quando scatta e perchè rileva il CNF. Il fenomeno dell’offerta di servizi legali a prezzi stracciati

Illecito deontologico avvocati cos'è, quando scatta e prezzi di concorrenza
Illecito deontologico avvocati: cos’è, quando scatta e prezzi di concorrenza

L’illecito deontologico – come tutti gli avvocati ben sanno – è rappresentato da una violazione del cosiddetto codice deontologico degli avvocati, vale a dire quel testo che contiene tutte le norme di comportamento che l’avvocato è tenuto a rispettare in via generale e nello specifico dei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con altri professionisti altri settori. Ecco allora che l’illecito deontologico può assumere manifestazioni pratiche davvero svariate e differenti tra loro. Vediamolo di seguito con particolare riferimento al fenomeno, sempre più frequente, dell’offerta di prestazioni o servizi legali a prezzi stracciati o addirittura in forma gratuita.

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Illecito deontologico avvocati: alcuni esempi e il CNF

Secondo il vigente codice deontologico, gli avvocati debbono sempre attuare comportamenti, sia nella vita professionale, sia nella vita privata, che non rischino di compromettere la reputazione personale o l’immagine e il decoro della professione forense. Tra i tanti esempi di illecito deontologico – per loro natura produttivi di sanzioni disciplinari – quello legato alla pronuncia di espressioni offensive durante il dibattimento in aula, perché magari presi da eccessivo fervore nel difendere il proprio cliente; oppure il caso di commissione di qualche reato, come quello di incauto acquisto o di atti sessuali con minore. Ancora, l’avvocato che si sottrae ai doveri di lealtà e correttezza perché dà luogo ad un’azione giudiziaria contro un collega, senza però preventivamente avvertirlo, deve essere sanzionato dall’Ordine degli avvocati. Si tratta sempre di circostanze che rendono l’avvocato responsabile e sanzionabile sul piano disciplinare: così infatti si è espresso il CNF, ovvero il Consiglio Nazionale Forense.

Tale organismo ha, tra i vari compiti, quello di formulare norme deontologiche, attraverso un codice deontologico che indichi i comportamenti da tenere e qualifichi giuridicamente la peculiare moralità richiesta all’avvocato nell’esercizio delle sue funzioni e nella sua condotta sociale, ovvero al di fuori del lavoro. In particolare, il CNF ha potere di emettere provvedimenti di natura disciplinare, a danno dell’avvocato o degli avvocati responsabili di una condotta non conforme al codice accennato. Recentemente, il CNF ha sanzionato la condotta dell’avvocato che mira esclusivamente ad accaparrarsi nuovi clienti, tramite la pubblicità di prestazioni gratuite oppure senza anticipi ed anzi, assicurando esiti e risultati soddisfacenti rispetto a quanto offerto dai colleghi.

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L’offerta di prezzi stracciati o servizi gratuiti va sanzionata

Il codice deontologico in oggetto è mirato a sanzionare anche le condotte degli avvocati che, per meglio fronteggiare la crisi economica che ha colpito la categoria o semplicemente per guadagnare di più, cercano di accaparrarsi nuovi clienti con vere e proprie trovate o iniziative pubblicitarie in cui proporre servizi a prezzi stracciati o addirittura gratis, magari attraverso canali innovativi come il web ed i social network. Ebbene, secondo il CNF, tale comportamento è un illecito deontologico da sanzionare, in quanto lesivo dell’immagine della professione, nonché capace di integrare una sorta di di concorrenza sleale ai danni dei colleghi. In materia, rileva in particolare l’art. 37 del codice deontologico, relativo al “Divieto di accaparramento di clientela“.

In pratica, l’avvocato che promette prestazioni ad un prezzo notevolmente più basso di quello mediamente praticato o addirittura in forma gratuita, viola i doveri di dignità e decoro, svolgendo un’attività puramente orientata al lato “commerciale”, quasi una vera e propria attività promozionale o vendita (o svendita) della prestazioni.

Ciò non vieta ovviamente che l’avvocato possa farsi pubblicità e possa in qualche modo “autopromuoversi”; rileva però il fatto che l’avvocato, anche laddove cerchi di guadagnarsi nuovi clienti, deve sempre rispettare standard di trasparenza, correttezza, veridicità, non equivocità, ed assenza di intento mirato ad ingannare o comparare le proprie offerte con quelle dei colleghi. Insomma libera concorrenza tra avvocati, ma rispettando regole di dignità, decoro e correttezza, senza dar luogo a pubblicità o promozioni selvagge e assolutamente slegate dai canoni deontologici.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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