Libia, ultime notizie: è battaglia a sud di Tripoli

Pubblicato il 8 Aprile 2019 alle 16:23 Autore: Michele Mastandrea

L’evoluzione della situazione in Libia. Le mosse di Haftar e il contrattacco di al-Serraj. Le reazioni della comunità internazionale.

Libia, ultime notizie: è battaglia a sud di Tripoli
Libia, ultime notizie: è battaglia a sud di Tripoli

Secondo il governo di Tripoli, sarebbe già superiore a 30 morti il bilancio dello scontro in corso in questi ultimi giorni in Libia. Ad opporsi, come noto, le milizie del generale Haftar e quelle fedeli al governo di Tripoli di Hafez al-Serraj. Oltre tremila sarebbero invece gli sfollati. Centinaia sarebbero gli uomini e le donne intrappolate nelle aree della prima periferia meridionale della capitale interessate dai combattimenti.

La violenza del conflitto si è intensificata proprio da quando le truppe agli ordini del generale Haftar hanno raggiunto i primi agglomerati urbani della capitale libica. Le truppe dell’Esercito Nazionale Libico alla guida di Haftar hanno conquistato l’ex aeroporto internazionale della città, attualmente in disuso. Usandolo da lì in avanti come base per alcuni bombardamenti lanciati sul sud della capitale della Libia.

Poco dopo, le truppe di al-Serraj hanno contrattaccato, attraverso alcuni raid di aviazione. Nome dell’operazione militare è “Vulcano di Rabbia”, come affermato dal colonnello Mohamed Gnounou. A giocare un ruolo importante nella difesa del Governo di Unità Nazionale libico sono soprattutto le milizie di stanza a Misurata. Uomini e mezzi dalla città a pochi chilometri ad est di Tripoli hanno raggiunto in questi giorni la capitale, pronti a difenderla.

La comunità internazionale (quasi) tutta contro Haftar

La tensione non è mai stata così alta dai giorni che portarono alla caduta di Gheddafi nel 2011. Le mosse di Haftar sembrano infatti mettere in discussione ogni risoluzione politica della questione libica, che sarebbe stata tentata all’interno della conferenza di pace Onu prevista per il prossimo 14-16 Aprile. Sorpresa, almeno in alcune sue componenti, la diplomazia internazionale ha chiesto da più parti una tregua e un ritorno alle trattative di pace.

Sotto osservazione è sopratutto il ruolo della Francia. Da un lato Parigi si è smarcata, almeno ufficialmente, dalle recenti mosse di Haftar. Affermando di non avere alcuna “agenda segreta” in appoggio al generale dell’est e di voler vedere cessare prima possibile i combattimenti. Dall’altro lato però è risaputo come in passato la politica estera francese sia da sempre accondiscendente verso il generale, internazionalmente sostenuto soprattutto da Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Anche Mosca, fedele alleato di al-Sisi in Egitto, è vista come alleata del generale della Libia orientale.

Decisamente avversi ad Haftar sono invece gli Stati Uniti. Washington, per voce del Segretario di Stato Mike Pompeo, ha intimato ad Haftar di ritornare alle posizioni su cui era attestato prima dell’inizio dell’offensiva verso Tripoli. Gli Usa hanno anche ritirato alcune truppe presenti in Libia in seguito al deteriorarsi della situazione sul terreno. Ad esporsi sono stati anche i Ministri degli Esteri del G7. In una nota congiunta, i sette hanno dichiarato che “ogni attore o fazione libica che contribuisca ad aggravare ulteriormente il conflitto civile fa del male a persone innocenti e impedisce il cammino verso la pace che il popolo libico merita”.

Libia: si riaccende la guerra civile

Unita si è dimostrata finora anche la politica europea. Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la Politica Estera della UE, ha chiesto lo stop alle azioni militari, il ritorno alle negoziazioni politiche e l’attuazione di una tregua umanitaria in Libia. Il rischio di una guerra prolungata per il controllo della capitale è come detto quello di rinviare ulteriormente l’indizione di un processo elettorale. Aumentando ulteriormente l’instabilità politica del paese e fomentando una potenziale nuova ondata di guerra civile.

Di conseguenza, ciò farebbe crescere il potere delle milizie nei confronti degli sfollati e dei migranti che da tutta l’Africa raggiungono la Libia, con la speranza di raggiungere poi la sponda nord del Mediterraneo. Ghassan Salame, inviato ONU in Libia, si è detto determinato a fare svolgere ugualmente la conferenza internazionale sul futuro del paese prevista la prossima settimana a Ghadames. Una conferenza che però visto lo scontro politico in atto, potrebbe avere ben poca capacità di influire in maniera reale sugli equilibri politici del paese.

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L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
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