Licenziamento invalido civile Inps: quando è possibile e chi rischia

Pubblicato il 8 Aprile 2019 alle 17:55 Autore: Claudio Garau

Entro quali limiti vale il licenziamento dell’invalido in azienda e cosa deve fare il datore di lavoro prima di un eventuale licenziamento.

Licenziamento invalido civile Inps quando è possibile e chi rischia
Licenziamento invalido civile Inps: quando è possibile e chi rischia

È una questione indubbiamente delicata, quella relativa alla possibilità di licenziare un lavoratore diventato invalido e inabile al lavoro per cui – in origine – era stato assunto con contratto. Vediamo di seguito che risposte si possono trarre da norme e giurisprudenza in proposito.

Licenziamento dell’invalido: che cosa dice la Cassazione?

Fonte normativa di riferimento, in quest’ambito, è la legge n. 69 del 1999, che reca norme sul diritto al lavoro dei disabili. In verità, però, su quest’argomento è soprattutto la giurisprudenza della Cassazione ad illuminare e a dare risposte, partendo dall’analisi di situazioni concrete e oggetto di ricorso. Pertanto, recentemente la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che è licenziamento del disabile è valido e legittimo, soltanto laddove ricorra una totale incapacità di lavorare. Ciò comporterebbe una minaccia e un pericolo per la salute e l’incolumità dell’invalido e degli altri lavoratori dell’azienda, nonché un rischio di pregiudizio agli impianti. Insomma, a seguito della sopraggiunta menomazione fisica e/o psichica, deve sussistere un’assenza totale della capacità lavorativa.

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Licenziamento e diritto al ripescaggio

Ne consegue che, qualora l’invalidità sia soltanto parziale e consenta al lavoratore di svolgere altri compiti, sarebbe il gioco il cosiddetto diritto al ripescaggio. In pratica, il datore di lavoro, prima di decidere il licenziamento, dovrà controllare se il lavoratore disabile possa essere inserito a svolgere un altro ruolo. Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che questo diritto è comunque limitato dal fatto che debbono sussistere mansioni libere e il lavoratore invalido deve comunque avere formazione e capacità idonee alle nuove mansioni. E tutto ciò in ogni caso dovrebbe verificarsi senza avere contestualmente anche lo stravolgimento dell’organizzazione del personale dell’azienda. Comunque – secondo l’orientamento della Cassazione degli ultimi anni – il datore di lavoro deve procedere alle suddette valutazioni; e, qualora licenziasse senza averle svolte, tale licenziamento sarebbe illegittimo.

Dovrà peraltro verificare se sia possibile consentire di svolgere le stesse mansioni, secondo modalità di accesso differenti. Ad esempio, in caso di lavoratore invalido fisicamente e in carrozzina, dovrà valutare l’eventuale eliminazione di barriere architettoniche.

In ogni caso, il giudice che valuterà un licenziamento come illegittimo, di fatto lo annullerà, tutelando il diritto al lavoro del dipendente divenuto disabile.

Licenziamento dell’invalido: chi valuta l’invalidità?

Non è il datore di lavoro a valutare direttamente se un dipendente è invalido e qual è il livello di invalidità. Nelle aziende, infatti, esiste un servizio ad hoc, che è definito medicina del lavoro. Un medico prescelto dall’azienda, avrà pertanto il ruolo di visitare ed accertare le condizioni di salute psico-fisica di ciascun lavoratore. In base al controllo e alle valutazioni di questo medico, sarà deciso se il lavoratore può svolgere o meno determinate mansioni e se l’eventuale invalidità è totale o parziale. Pertanto il suo giudizio sarà fondamentale per le successive scelte dell’azienda.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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