Decreto legge e decreto legislativo: differenze, definizione e cosa cambia

Pubblicato il 1 Febbraio 2019 alle 11:56 Autore: Valentjna Juric

Quale ruolo e che poteri ha il governo nella produzione legislativa: le previsioni contenute nella Costituzione e la prassi

Decreto legge e decreto legislativo differenze, definizione e cosa cambia

Decreto legge e decreto legislativo: differenze, definizione e problematiche

A partire dalla Seconda Repubblica abbiamo assistito ad un progressivo potenziamento del ruolo del governo nelle dinamiche istituzionali.

Tale fenomeno è avvenuto a “Costituzione invariata“. Non è stato cioè la conseguenza di una modifica della Costituzione, ma piuttosto di diversi mutamenti nel nostro paese a livello sociale, economico e partitico che hanno influito sugli equilibri istituzionali.

Ne deriva che oggi il governo ha il timone sia dell’iniziativa che della produzione legislativa e gli art. 76-77 Cost., che ne delineano la portata ed i limiti, vengono interpretati in senso molto estensivo.

Precisando innanzitutto che la Costituzione è piuttosto laconica nella loro formulazione, vediamo cosa prevedono questi articoli, per capirne poi la concreta applicazione.

I poteri del governo in ambito legislativo

Il governo, detentore del potere esecutivo, ha a disposizione diversi strumenti per influire sulla produzione legislativa. Oltre al frequente utilizzo della fiducia, lo fa principalmente attraverso due strumenti: il decreto legge e il decreto legislativo. Nonostante l’assonanza linguistica, le loro funzioni e presupposti sono ben diversi.

Il decreto legge…

Disciplinato nel dettaglio dalla l. 400/1988, il decreto legge trova il suo fondamento e definizione nell’art. 77 Cost. Avente forza di legge, viene emanato dal governo nei casi di necessità ed urgenza, quando per contingentare i tempi è necessaria una deroga alle procedure legislative ordinarie, le quali prevedono invece che le leggi siano di emanazione delle camere. E’ uno strumento che dovrebbe essere relegato ad ipotesi del tutto eccezionali, visto che nel nostro ordinamento giuridico la funzione legislativa è una prerogativa del parlamento, democraticamente eletto dai cittadini. Per questo motivo l’art. 77 Cost. prevede che, se entro 60 giorni dalla sua emanazione il decreto legge non viene convertito in legge dalle camere, cessa di produrre qualsiasi tipo di effetti ed è come se non fosse stato mai emanato.

Come è ben noto, l’utilizzo di questo strumento da parte del governo è tutt’altro che sporadico e il concetto di “necessità ed urgenza” viene solitamente interpretato in modo assai estensivo. Ciò non è cambiato nemmeno in seguito all’entrata in vigore della l. 400/1988, che disciplinando nel dettaglio il decreto legge, all’art. 15 ne ha specificato i limiti all’utilizzo.

Tentativi di smorzare almeno in parte questo fenomeno si sono avuti anche da parte della Corte Costituzionale e va ricordata al riguardo la celebre sentenza n° 360/1996, che ha vietato la prassi, fino ad allora assai frequente, della reiterazione dei decreti legge.

… e il decreto legislativo

Strumento del tutto differente è invece il decreto legislativo, disciplinato dall’art. 76 Cost. E’ particolarmente funzionale per tutti quei settori in cui è necessaria una normazione particolarmente tecnica e dettagliata, poco adatta al procedimento legislativo ordinario. In questo caso la prerogativa parlamentare viene preservata. Sono le camere, attraverso la legge delega (e attenzione, la delega non può mai essere conferita con un decreto legge), a fissare la cornice dentro la quale il governo potrà effettuare i suoi interventi normativi.

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Il potenziamento del ruolo del governo: chi a favore, chi contro

Se l’utilizzo del decreto legislativo non pone troppi problemi, il ricorso frequente e smisurato alla normazione d’urgenza è una prassi ai margini della compatibilità con il nostro assetto costituzionale. E’ ritenuto però giustificabile da chi sottolinea che la società in cui viviamo, per la sua complessità, è sicuramente assai distante dal modello liberale ottocentesco dal quale le regole costituzionali prendevano spunto.

Poiché sarebbero nate esigenze del tutto nuove, questo modello non apparirebbe più funzionale. La tutela dello stato sociale e il dinamismo richiesto dall’interazione con l’ordinamento comunitario e internazionale (solo per citarne alcune) richiederebbero ormai un intervento legislativo sempre più capillare.Nonché una velocizzazione dei tempi. Esigenze che mal si adatterebbero al procedimento legislativo ordinario in parlamento.

A contrario però, si ribatte che privando il parlamento della sua funzione, si svuoterebbe di poteri il principale organo di espressione democratica di un paese.

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L'autore: Valentjna Juric

Mi sono laureata in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Trieste. Attualmente sto frequentando un corso di specializzazione in diritto parlamentare a Firenze.
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