Il Governo Conte e la questione europea

Pubblicato il 6 Agosto 2018 alle 13:04 Autore: Luca Scaglione

Il governo giallo-verde riconosce la delicatezza della questione europea. Non andrà allo scontro con l’Unione finché non ne sarà costretto.

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Governo Conte: unico ostacolo la delicata questione europea

Stando ai sondaggi di queste settimane il Governo giallo-verde sta riuscendo a capitalizzare la grande attenzione mediatica dei primi mesi. L’estate, tra migranti e decreto dignità, sarà una tregua relativa.
La vera misura della forza, in primo luogo di consensi, dell’esecutivo si potrà cominciare a prendere a partire dal prossimo autunno.

A quel punto bisognerà far quadrare i conti, in una legge di bilancio che già fa presagire un braccio di ferro tanto interno alla coalizione quanto con la Commissione Europea. All’interno sarà una mediazione difficile tra le priorità della Lega – realisticamente una semplificazione fiscale più che la Flat Tax – e quelle del M5S: riorganizzare il welfare per pianificare il reddito di cittadinanza. In Europa, la strategia è quella di negoziare qualche margine di manovra. Vedremo se le tattiche (e i risultati) di Moavero-Tria-Savona segneranno una discontinuità o meno.

La gestione della difficile partita europea per le risorse sarà rivelatrice della vera forma del Governo “populista”

La scommessa non detta è quella di riuscire a governare il più tempo possibile senza andare allo scontro diretto con le istituzioni europee. L’ideale sarebbe continuare a puntare sui cavalli di battaglia di questi primi mesi: sicurezza e immigrazione; semplificazione fiscale; legalitarismo e tagli ai costi della politica.

Innanzi tutto per campare di sola politica (polemica) interna bisogna avere degli avversari. Ma le opposizioni in questo momento sembrano inesorabilmente immobili, vuote di risorse retoriche ancor prima che di idee. Poi bisogna ridimensionare quella parte di programma che prevede consistenti spese, senza che questo sembri un cedimento all’establishment.

È necessario evitare destabilizzazioni interne. Un cambio dei rapporti di forza tra i due partiti potrebbe scuotere il patto di governo, già soggetto a negoziati continui. In questo senso, le elezioni europee saranno il primo vero banco di prova per l’asse Lega-M5S. Se il governo riuscirà a prendere questi accorgimenti quest’ultimo sarà sempre più simile ad un esecutivo d’unità nazionale, dove i gialli rappresentano la parte progressista e i verdi quella conservatrice.

L’ostacolo europeo se i conti non tornano

L’unico ostacolo sarà quello esterno. L’Unione Europea appunto. Il bersaglio su cui scaricare le difficoltà e gli eventuali scarsi risultati in termini di crescita ed occupazione. Ma è un’arma a doppio taglio. Tocca interessi che contano nel campo economico e finanziario, e, come strumento di delegittimazione, può coagulare le opposizioni.

Tanto Lega quanto M5S hanno capito che il tema europeo è un dossier delicatissimo dal punto di vista politico-diplomatico. Ma soprattutto è divisivo per l’elettorato.  Entrambe le formazioni comprendono che possono solamente perdere consensi se mettono al centro della loro agenda i rapporti con l’Unione.

La spia dei problemi per il Governo giallo-verde si accenderà – peraltro come per tutti i governi recenti – quando sarà costretto a giocare la carta europea. La logica vuole che in autunno prevarrà la cautela. Andare allo scontro prima delle europee sarebbe un errore imperdonabile.

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