Elezioni Regionali Friuli 2018: analisi risultati. Come cambia lo scenario

Pubblicato il 30 Aprile 2018 alle 14:43 Autore: Alessandro Faggiano
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Elezioni Regionali Friuli 2018: risultati e analisi. Come cambia lo scenario

È stato il trionfo della Lega. Il giorno dell’incoronazione di uno dei big del carroccio, Massimiliano Fedriga. Allo stesso tempo, il Movimento 5 Stelle ha accusato la sua prima sconfitta dopo tante ottime prestazioni elettorali, sia a livello che regionale che nazionale. In FVG, la lista del Movimento 5 Stelle non arriva alla doppia cifra e il suo candidato, Alessandro Fraleoni Margera, ottiene meno della metà delle preferenze del candidato di centrosinistra, Sergio Bolzonello. Per i pentastellati, un colpo che potrebbe avere ripercussioni a livello nazionale.

Elezioni Regionali Friuli 2018: analisi risultati. Chi vince e chi perde

Rispetto all’analisi del voto in Molise, il verdetto emanato dal Friuli Venezia-Giulia è decisamente più chiaro e contundente. C’è un chiaro vincitore e c’è (almeno) un chiaro sconfitto. Il gran vincitore di questa tornata elettorale è il centrodestra e, più in particolare, la Lega. Il carroccio è il primo partito in FVG per distacco, superando abbondantemente la soglia del 30% e sfiorando il 35% (quando mancano ancora un centinaio di sezioni da scrutinare). La Lega ha dominato e vinto con un risultato più abbondante del previsto, arrivando quasi a triplicare i voti della seconda forza politica della coalizione, Forza Italia (tra il 12 e il 12,5%). Nel complesso, la coalizione che portava come candidato Massimiliano Fedriga supera il 60%. Percentuali bulgare che sembrano rilanciare le ambizioni di Governo del centrodestra a livello nazionale ma che, in realtà, potrebbero portare ad un congelamento definitivo delle trattative con M5S o centrosinistra.

Proprio il centrosinistra (ormai in crisi profonda) e il Movimento 5 Stelle sono risultati sconfitti da questa tornata elettorale. Se, per il PD, non fa quasi notizia, considerando l’emorragia di consensi che ha colpito i “dem” in tutto lo stivale, sorprende il risultato dei pentastellati. Il Movimento 5 Stelle, infatti, perde quasi il 50% dei voti rispetto alle ultime regionali friulane, dell’aprile 2013. Cinque anni fa, il M5S si piazzava sul gradino più basso del podio, risultando la terza lista più votata, con il 13,75% delle preferenze. Un lustro dopo, i pentastellati si fermano poco sopra il 7%. Anche il candidato scelto 5 anni fa dal Movimento di Beppe Grillo ottenne un risultato decisamente positivo, ottenendo il 19,21%. Fraleoni Morgera, invece, si ferma al di sotto del 12%. Risultati sicuramente negativi e che, tanto in comparazione con i risultati delle ultime politiche del 4 marzo (qui il M5S ottenne il 24,5%), tanto con l’esito delle Regionali 2013, il consenso è in netto calo.

Elezioni Regionali Friuli 2018, analisi risultati: si rafforza lo stallo

Può sembrare paradossale, ma la vittoria in pompa magna del centrodestra potrebbe far crescere la possibilità dello stallo sul piano nazionale. La Lega, gran vincitrice di queste Regionali e sulla cresta dell’onda in quasi tutti i sondaggi elettorali, avrebbe ottime ragioni  per tornare al voto quanto prima. Ipotesi che, probabilmente, stimolava anche il Movimento 5 Stelle fino a poche ore fa. Tuttavia, lo scivolone nel Nord-Est può rimescolare le carte in tavola. Per quanto il Settentrione non sia stato, almeno per ora, terreno fertile per la narrativa pentastellata, il calo può essere sintomatico di un errore strategico. Il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, può pagare dazio con la politica dei due forni. L’equidistanza dai “dem” e dalla Lega può aver generato, in una parte dell’elettorato, una sensazione di smarrimento dei valori originali e fondativi, di quello che fu il Movimento di Grillo e Casaleggio padre. La polemica scoppiata in rete sul presunto tradimento di Di Maio può essere stato il segnale d’avvertimento di ciò che sarebbe successo in FVG.

Elezioni Regionali Friuli 2018, analisi risultati: ritorno al M5S purista?

Tra le prime tattiche post-voto potrebbe esserci la chiusura definitiva a Lega e PD, per recuperare l’immagine di integrità e reticenza al compromesso. Possibile, quindi, che il M5S torni a una versione purista, con Di Maio già pronto al cambio di narrativa. Non a caso, il leader del Movimento parla così, questa mattina.

Un attacco frontale al leader del carroccio e che prova a spostare l’attenzione, con taglio ovviamente negativo, sul centrodestra. Una posizione che sembra lasciare poco spazio a margini interpretativi: Di Maio parla di impossibilità di raggiungere un accordo. Il che potrebbe significare il rafforzamento di uno stallo che si prolunga, ormai, dalla notte del 4 marzo.

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Elezioni Regionali Friuli 2018, analisi risultati: il PD non esce dal pantano. LeU non pervenuto

Situazione sempre intricata in via del Nazareno. Le ultime dichiarazioni di Renzi in casa di Fazio a che tempo che fa potrebbero aver affossato definitivamente ogni tentativo – già di per sé velleitario – di formare un Governo M5S + PD. Nonostante le dimissioni, Renzi continua a dettare legge, forte del centinaio di seguaci portati in Parlamento. La gran parte del gruppo parlamentare del PD è, di fatti, renziano. Il diktat dell’allora Segretario generò un vespaio di polemiche legato alla monoliticità della lista e al tentativo di annichilire qualsiasi opposizione interna.

Attualmente, la linea del Partito Democratico è chiara: rimanere all’opposizione. Tuttavia, tra pochi giorni (precisamente il 3 maggio), ci sarà la direzione PD: appuntamento importante e che potrebbe smuovere qualcosa sul fronte della formazione dell’esecutivo e, ovviamente, generare nuove dinamiche all’interno del partito.

Rimanendo nello spettro del centrosinistra, LeU non ha rivestito un ruolo specifico in questa tornata elettorale. I sondaggi, inoltre, sembrano condannare Liberi e Uguali all’assoluta irrilevanza politica: gran parte degli istituti demoscopici considera che la coalizione di sinistra (conformata da Possibile, MDP e Sinistra Italiana) non arrivi al 3%. In definitiva, una situazione davvero complicata per il terzo polo del sistema che obbliga a un ripensamento, per poter risalire la china e operare un restyling convincente.

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Elezioni Regionali Friuli 2018, analisi risultati: il centrodestra e una convivenza difficile

Passando, infine, al bando dei vincitori, la coalizione continua a vivere momenti di tensione. La lotta per la leadership, almeno ufficiosamente, sembra essersi conclusa a favore di Matteo Salvini. Ciò nonostante, Silvio Berlusconi ha inciso profondamente nelle dinamiche della formazione di un possibile esecutivo con i 5 Stelle, imponendo un rotondo “No” all’appoggio esterno dei pentastellati. Ipotesi che, in realtà, non è mai stata presa in considerazione dal Movimento. Il cavaliere, a prescindere dagli accordi interni, sembra giocare ancora un ruolo chiave, che limita i movimenti del Segretario della Lega.

Dopo questa tornata elettorale nel Nord-Est, la Lega ne è uscita decisamente rafforzata, avendo ottenuto il 35% delle preferenze (a fronte del 12% di Forza Italia). Risultato che spingerebbe Salvini a tornare alle urne quanto prima e capitalizzare, o riaffermandosi – questa volta con maggior forza – alla guida del centrodestra, o addirittura come forza indipendente, per poter avere maggior libertà di movimento. Il leader della Lega è, attualmente (stando ai sondaggi), il leader più apprezzato dagli italiani: anche più di Luigi Di Maio, a capo di un partito che ha raccolto – il 4 marzo – quasi il doppio dei consensi del carroccio.

La situazione nel centrodestra è tutt’altro che chiara e, con ogni probabilità, non si risolverà in tempi brevi. Le lotte interne continuano e la convivenza all’interno della coalizione conservatrice è tutt’altro che semplice.

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Elezioni Regionali Friuli 2018, analisi risultati: che scenari futuri

Queste elezioni in Friuli Venezia Giulia possono risultare decisamente più importanti rispetto a quelle del Molise (definito, in quell’occasione, l’Ohio d’Italia). La Lega ha dato un forte colpo al principale alleato di coalizione, Forza Italia, arrivando quasi a triplicare i voti della lista del partito del Cavaliere. Il M5S ha subito la sconfitta elettorale più cocente degli ultimi anni e, con buona probabilità, porrà fine – per ora – alla politica aperturista. Nonostante questa caduta, i pentastellati mantengono un capitale elettorale importante e che non dovrebbe generare troppe preoccpuazioni in seno al partito. Chi cercherà di evitare un ritorno alle urne immediato sarà il centrosinistra, in piena crisi e alla ricerca del bandolo della matassa.

L’ipotesi che sembra maggiormente probabile, è che queste elezioni abbiano rafforzato lo stallo: i grandi vincitori del 4 marzo – M5S e Lega – non hanno interesse (elettorale) in formare alleanze e permettere la formazione di un Governo. Probabilmente, si tornerà a parlare di legge elettorale a strettissimo giro di posta. Per un nuovo esecutivo, è possibile che dovremo attendere le prossime elezioni. Uno scenario sempre più probabile e concreto.

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L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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