Mineo, il PD e la questione del dissenso interno

Pubblicato il 14 Giugno 2014 alle 19:15 Autore: Gianluca Borrelli
mineo civati conferenza

Uno dei protagonisti indiscussi della cronaca politica di questi giorni sembra essere il senatore Corradino Mineo.

Non è l’unico che risulta “epurato” da una posizione in commissione Affari Costituzionali. Prima di lui sono stati rimossi altri due senatori dalla stessa commissione. Mario Mauro, il cui avvicendamento con Lucio Romano sembra sia stato deciso da Pierferdinando Casini, che però non appartiene al PD, quindi qualsiasi riferimento al regolamento del PD in fatto di sostituzioni in commissione semplicemente non ha alcun senso -ammesso e non concesso che nel regolamento del PD ci siano cenni espliciti a questo genere di eventi – e il senatore Vannino Chiti, lui sì del PD, ed esponente anche esso della corrente contraria alla riforma del Senato caldeggiata da Renzi e dai suoi, sostituito in commissione dal senatore Maurizio Migliavacca.

Nel caso di Chiti però parla chiaro il regolamento del Senato, secondo il quale chi presiede la 14ª Commissione (così come chi diventa ministro) deve essere rimosso in modo permanente da membro della commissione affari costituzionali. Quindi nel caso di Chiti si trattava di un atto dovuto, obbligato da un regolamento molto esplicito appartenente al Senato e non al partito.

mineo civati conferenzaIl caso Mineo è perciò l’unico che abbia in qualche modo a che fare con il tema della gestione del dissenso interno di quello che si chiama Partito Democratico. Si fosse chiamato in altro modo sarebbe stato comunque un tema di interesse, ma portando questo nome va da sè che una polemica di questo genere difficilmente può passare inosservata, soprattutto per i suoi elettori. Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio:

Eletto come indipendente nel listino bloccato del PD senza essere passato per le primarie (quindi grazie a una scelta fatta da Bersani e dal suo entourage), Corradino Mineo si è distinto fin dall’inizio di questa legislatura per un certo spirito critico nei confronti della linea del partito che lo aveva fatto eleggere (senza alcuno sforzo da parte sua, come abbiamo detto).

Non sono dunque una novità le sue prese di posizione e,  finora, non sembra aver ricevuto sanzioni dal partito, sebbene si sia rifiutato fino ad oggi di pagare la retta che tutti gli altri parlamentari pagano adducendo come motivazione che quando faceva il giornalista guadagnava anche di più, quindi dal suo punto di vista “ha già dato” e “non intende pagare il pizzo al PD” (su questo ognuno si faccia l’idea che vuole, certo che se uno parla così di un partito non si capisce perché ne faccia parte).

Nonostante questo, quando Marco Minniti è diventato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (17 maggio, Letta I, confermato poi da Renzi nello stesso ruolo) il partito ha pensato di sostituirlo proprio con Corradino Mineo come membro di questa commissione, pentendosi poi della scelta; andrebbe capito chi l’aveva fatta visto che il fatto che Mineo fosse “eretico” rispetto alle posizioni del partito si sapeva da un bel po’, e questo è probabilmente l’errore più grossolano, ma che certamente non si può imputare a Renzi e ai suoi essendo la cosa successa ben prima che Renzi diventasse segretario.

Non era comunque stato eletto per quella commissione, ci è subentrato per sostituire Minniti, se quest’ultimo non fosse più sottosegretario il posto spetterebbe a lui comunque. Quindi Mineo non è un membro permanente della commissione, come ha documentato Valigia Blu, rispetto ai quali noi però giungiamo a conclusioni diverse, visto che loro ritengono “illegittima” la sostituzione di Mineo, come si evince da questo pezzo.

Visti i numeri in Commissione Affari Costituzionali (14 favorevoli e 15 contrari incluso Mineo), Renzi ha deciso di sostituirlo in quella commissione con Zanda (che certo non è un renziano della prima ora, ma molto più ligio a rispettare le indicazioni del partito).

Poteva farlo? Beh l’ha fatto quindi poteva. Oltretutto, come dicevamo, non essendo un membro permanente non si applicava il regolamento del Senato (che pure non ha impedito l’allontanamento di Mauro, la cosa però non riguarda il PD). Ma anche se fosse stato un membro permanente il regolamento prevede quanto segue:

“Ciascun Gruppo può, per un determinato disegno di legge o per una singola seduta, sostituire i propri rappresentanti in una Commissione, previa comunicazione scritta al Presidente della Commissione stessa.” (comma 2 dell’art.31 reg. Senato)

Quindi dubbi non ce ne sono, il PD poteva impedire che il voto decisivo di Mineo in commissione mettesse a repentaglio la possibilità di mandare in aula, per essere votato e nel caso anche emendato, il testo voluto dalla maggioranza del PD.

Ma poteva farlo senza che la cosa stridesse con lo spirito fondativo di un partito che si chiama Democratico?

Le polemiche sono state molte, soprattutto in relazione all’articolo 67 della Costituzione che stabilisce l’assenza di vincolo di mandato per gli eletti. Da un lato, i sostenitori di posizioni contrarie alle idee di Renzi sulle riforme (in buona parte riconducibili a senatori vicini a Pippo Civati che si sono autosospesi) sostengono che si tratti di un grave errore politico, oltre che di un abuso. Dall’altro, c’è chi dice che nessuno impedirà a Mineo di votare contro quando la proposta arriverà in aula e che quindi il suo diritto di votare contro in aula è intatto.

Altri partiti e movimenti per dissensi di questo tipo (a volte anche inferiori in verità) hanno deciso tranquillamente di espellere dal gruppo i dissidenti; ma, come dicevamo, noi dobbiamo focalizzarci sul PD e sulla sua ragione fondante di partito democratico per eccellenza. Pertanto, sebbene il regolamento del Senato che abbiamo poco fa citato non impedisca la sostituzione di un senatore in una commissione, noi andiamo oltre e analizziamo quello che dice il regolamento interno del PD al Senato.

Secondo la tesi di Felice Casson (e ripresa da Valigia Blu come detto in precedenza) esistono dei punti che potrebbero essere citati in questa circostanza:

1. Il Gruppo riconosce e valorizza il pluralismo interno nella convinzione che il continuo confronto tra ispirazioni diverse sia fattore di arricchimento del comune progetto politico.

3. Il Gruppo riconosce e garantisce la libertà di coscienza dei Senatori, con particolare riferimento alla incidenza delle convinzioni etiche o religiose dei singoli nella sfera delle decisioni politiche. Esso promuove, anche su questi temi, il confronto tra le diverse sensibilità e la ricerca di orientamenti comuni.

5. Su questioni che riguardano i principi fondamentali della Costituzione repubblicana e le convinzioni etiche di ciascuno, i singoli Senatori possono votare in modo difforme dalle deliberazioni dell’Assemblea del Gruppo ed esprimere eventuali posizioni dissenzienti nell’Assemblea del Senato a titolo personale, previa informazione al Presidente o ai Vicepresidenti del Gruppo.

Secondo il senatore Casson questi punti dimostrerebbero che la sostituzione di Mineo è illegittima, ma leggendoli bene si nota che il punto 1 è piuttosto generico e quindi piuttosto discrezionale nella sua interpretazione, il punto 3 parla di convinzioni etiche e religiose, ma non è questo il tema in oggetto e estenderlo ad altri temi è chiaramente una forzatura, visto che quando ci si vuole riferire a riforme costituzionali la cosa viene esplicitata direttamente, come nel punto 5 (per cui non si può parlare di riferimento implicito generico nel punto 3, visto che quando si intendeva parlare di riforme costituzionali sono state esplicitate in modo diretto).

Lasciando perdere i punti 1 e 3, il punto 5 quindi sembra essere l’unico che parla esplicitamente della libertà di voto relativamente ai principi fondamentali della Costituzione. Ne parla infatti a proposito di libertà di voto nell’Assemblea del Senato. Non si parla da nessuna parte delle commissioni, anzi si parla esplicitamente di Assemblea. E’ bene notare che il voto in commissione non rende la proposta una legge. Quello che si fa in commissione è decidere il testo che poi affronterà il voto in aula (dove la libertà di coscienza è senz’altro garantita).

Insomma Corradino Mineo con la sua azione, nella posizione che aveva prima in commissione Affari Costituzionali, non voleva semplicemente votare contro la proposta Renzi, lui voleva che la proposta Renzi non arrivasse proprio al voto dell’aula.

Anche da un punto di vista della democrazia interna al gruppo del PD, la tesi secondo la quale non ci sia stata la necessaria dialettica interna sembra essere smontata dalle parole del senatore Francesco Russo:

I senatori PD si sono confrontati su questi temi almeno in 2 assemblee-fiume.
Ognuno (compreso Mineo) ha potuto esprimere il proprio pensiero.
Al termine si è proceduto a votazione. Oltre l’80% dei votanti ha votato a favore della riforma proposta dal Governo.
In Commissione, poi, abbiamo discusso almeno 70 ore.
Molti emendamenti, alcuni dei quali accolgono una parte delle obiezioni di Chiti–Mineo sono stati presentati e verranno esaminati nei prossimi giorni.
Altro che renzismo-stalinismo, altro che dittatura. Così funziona la democrazia.

Sembra cadere quindi anche l’accusa secondo la quale non ci sia stato dibattito interno al partito, e sembra piuttosto che la minoranza voglia usare qualsiasi mezzo per impedire che la soluzione proposta da Renzi arrivi in aula piuttosto che semplicemente votare contro.

Si parla molto oggi infine della gaffe fatta da Mineo in conferenza stampa alla presentazione di un libro di Civati. Definire “bambino autistico” Renzi non è il massimo della finezza, ma è tutto il discorso fatto che anziché vertere su dettagli e contenuti mostra una incredibile pochezza argomentativa che si basa sulla analisi di atteggiamenti personali più che sulla base di idee. Qualche commentatore in rete ha avuto da ridire per questa caduta di stile, qualcuno per il presunto sessismo delle sue dichiarazioni sulla Boschi, qualcun altro per il riferimento infelice a bambini che soffrono.

Ma Mineo si è subito scusato con una nota pubblicata su Facebook dicendo che non avrebbe dovuto mischiare fatti personali con la polemica politica, ma poi riprende a citare il gossip secondo il quale la Boschi avrebbe raggiunto un accordo sottobanco con la Lega (ma non era con Berlusconi l’accordo sottobanco?) dal quale si capisce che il testo è ancora in fase di negoziazione, non all’interno del partito ma con gli altri partiti.

 

Al di là di questo, viene da pensare che, se ciò è tutto quello che gli viene in mente da dire quando ha l’occasione di parlare davanti ai microfoni, più che essere inadatto a fare parte della commissione Affari Costituzionali sembra essere inadeguato al ruolo di senatore, e c’è da scommettere che dalle prossime elezioni politiche Mineo tornerà al suo lavoro di giornalista.

L'autore: Gianluca Borrelli

Salernitano, ingegnere delle telecomunicazioni, da sempre appassionato di politica. Ha vissuto e lavorato per anni all'estero tra Irlanda e Inghilterra. Fondatore ed editore del «Termometro Politico».
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