Le 6 cose che forse non sai sulle elezioni USA

Pubblicato il 8 Novembre 2016 alle 13:38 Autore: Emanuele Vena
presidenziali americane

Le 6 cose che forse non sai sulle elezioni USA

Quella che sta per chiudersi è un’epoca storica, che ha visto diventare presidente nel 2008 (e riconfermarsi nel 2012) Barack Obama, il primo afroamericano alla Casa Bianca.

Quella che sta per aprirsi potrebbe esserlo altrettanto, perlomeno stando agli ultimi sondaggi, che vedono Hillary Clinton favorita per diventare la prima donna presidente della storia del Paese. Ma quali sono le altre curiosità legate alle elezioni presidenziali USA che forse non tutti conoscono?

Bush, Cleveland ed Hayes: vincere senza vincere

George W. Bush, Grover Cleveland e Rutherford Hayes sono gli unici due presidenti eletti negli ultimi 140 anni senza aver ottenuto la maggioranza dei voti sul piano nazionale.

Bush vinse nel 2000 – non senza polemiche, come nel famigerato caso del successo per una manciata di voti nel decisivo Stato della Florida, vittoria sancita solo dalla Corte Suprema – ottenendo mezzo milione di voti in meno dello sfidante democratico Al Gore.

Furono invece 250 mila i voti con cui nel 1876 il presidente uscente Samuel Tilden sopravanzò il repubblicano Hayes, non sufficienti però per riconfermarlo alla Casa Bianca, perdendo per un solo Grande Elettore (185 a 184). Decisamente più disproporzionale fu l’esito delle prrsidenziali del 1888, con Cleveland che ottenne 50 mila voti in più ma ben 65 Grandi Elettori in meno del vincitore Benjamin Harrison.

Cleveland stop and go

Oltre ad essere uno dei tre candidati beffati dal sistema dei Grandi Elettori, Grover Cleveland è anche l’unico presidente della storia degli USA ad essere stato rieletto a distanza.

Dopo la bruciante sconfitta del 1888, l’esponente democratico si prese la rivincita su Harrison, trionfando alle Presidenziali del 1892 e replicando il successo di 8 anni prima contro James Blaine, ottenendo così per ben 3 elezioni consecutive la maggioranza dei voti sul piano nazionale.

Afroamericani e Sud: un mondo rovesciato nel tempo

Al giorno d’oggi sembra ormai assodato ritenere gli afroamericani come una porzione di l’elettorato decisamente favorevole al Partito Democratico ed avversa a quello Repubblicano. Ma in realtà ad abolire la schiavitù fu il repubblicano Abraham Lincoln, contribuendo a rendere per molti anni gli Stati del Sud (favorevoli allo schiavismo) a maggioranza democratica. La Great Society, il processo riformistico portato avanti da Lyndon Johnson volto (tra le altre cose) ad una sempre maggior inclusione delle minoranze afroamericane nella società statunitense e ad una più generale estensione dei diritti civili ribaltò il paradigma, facendo perdere consenso ai democratici al Sud (in particolar modo in Stati come Texas, Arizona, Alabama e Georgia) ma assicurando loro il sostegno di tali minoranze.

Il mandato maledetto

Sono ben 8 i presidenti morti durante il proprio mandato alla Casa Bianca. Di questi, 4 furono assassinati: Abraham Lincoln (1865), James Garfield (1881), William McKinley (1901) e John Fitzgerald Kennedy (1963).

Gli altri 4 morirono rispettivamente a causa di polmonite (William Henry Harrison nel 1841, che con 31 giorni detiene ancora il triste primato della presidenza USA più breve di sempre), gastroenterite (Zachary Taylor, 1850), ictus (Warren Harding, 1923) ed emorragia cerebrale (Franklin Delano Roosevelt, 1945). Due di loro (Harrison e Taylor) furono anche gli unici due presidenti di un terzo Partito, i Whig, nato nel 1833 e confluiti poi nei Repubblicani nel 1854.

Il dimissionario ed il non eletto

John Tyler, Millard Fillmore, Andrew Johnson, Chester Allan Arthur, Theodore Roosevelt, Calvin Coolidge, Harry Truman, Lyndon Johnson: sono questi i vicepresidenti che hanno dovuto sostituire un presidente durante il mandato, succedendo rispettivamente ai già citati Harrison, Taylor, Lincoln, Garfield, McKinley, Harding, Roosevelt (Franklin Delano) e Kennedy.

Un caso a parte rappresenta invece Gerald Ford, che fu l’unico a succedere ad un presidente non deceduto (Richard Nixon, che nel 1974 fu il primo ed unico dimissionario dalla presidenza USA) nonchè il solo (tra i vicepresidenti divenuti presidenti durante la carica) a perdere le successive elezioni presidenziali (contro Jimmy Carter, nel 1976), restando così l’unico presidente della storia degli Stati Uniti a non essere mai stato eletto.

L’imbattibile Roosevelt

Nonostante il decesso poche settimane dopo la rielezione Franklin Delano Roosevelt, il presidente che guidò gli USA al successo nella Seconda Guerra Mondiale, detiene il record di permanenza alla Casa Bianca, con 4 vittorie elettorali e ben 4422 giorni consecutivi al comando. Un record che non potrà essere messo in discussione da nessuno, salvo opportune modifiche costituzionali: il XXII emendamento, entrato in vigore nel 1951, stabilisce infatti il limite di 2 mandati presidenziali.

Ad un altro Roosevelt (Theodore) spetta invece la palma di presidente più giovane di sempre: fu lui a coprire il vuoto lasciato dall’assassinio di McKinley, succedendogli alla guida del Paese all’età di appena 42 anni. Un anno meno giovane era JFK, che quindi resta il più giovane presidente vincitore di elezioni, mentre la palma del più anziano spetta a Reagan, che conquistò per la prima volta la Casa Bianca nel 1980 all’età di 69 anni, uno in meno di Donald Trump, il principale avversario della Clinton. In sostanza: comunque vada, stanotte verrà scritta una nuova pagina di storia.

 

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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