Russia: per quanto resterà nelle mani di Vladimir Putin?

Pubblicato il 21 Settembre 2016 alle 13:17 Autore: Riccardo Piazza

Russia: per quanto resterà nelle mani di Vladimir Putin?

“Chi vuole restaurare il Comunismo è senza cervello, chi non lo rimpiange è senza cuore”. In questa frase, estrapolata da una recente e accreditata biografia, è condensata tutta la sostanza dell’illuminata autocrazia contemporanea che Vladimir Putin esercita sulla Russia. I risultati delle elezioni parlamentari, tenutesi domenica in una ovattata sordina mediatica internazionale, per il rinnovo della Duma (la Camera bassa), hanno dato ragione allo Zar del Grande Orso dell’Est. “Russia Unita”, il partito del presidente, ha raggiunto il 54,2 per cento dei voti, una maggioranza di due terzi dei seggi, sufficiente per una eventuale modifica della Costituzione. Rispetto alle precedenti consultazioni del 2011, l’affluenza alle urne è stata risibile. Soltanto il 48% dei russi si è recato al voto contro il 60% della precedente tornata elettorale. Nelle grandi città il soporifero torpore di un disinteresse generale ha colpito ancor più. In quel di Mosca si è registrato un 28 per cento, 20% nella antica capitale dell’Impero San Pietroburgo.

Russia: le strategie di governo

Analizzando con superficialità i risultati elettorali qualcuno potrebbe arguire che le grosse membra della macchina politica e istituzionale interna dell’ex Unione Sovietica abbiano oggi assunto una immobile quanto stentorea cristallizzazione del proprio status quo. Eppure l’evoluzione del Grande Orso, in questi anni, è andata avanti a passo solenne, pervicace, inesorabile. Le percentuali sono bugiarde, i numeri non riflettono un quadro completo. In Russia, dal 2011 ad oggi, il partito del presidente Putin ha ceduto parte della sua credibilità. Gli indici di fiducia sono scesi sotto il 50 per cento facendo risalire leggermente la china della cosiddetta “opposizione sistemica” dell’autocrazia illuminata, il Partito Comunista e il Partito Liberal-conservatore di Vladimir Vol’fovič Žirinovskij. A ben guardare questo ha però rafforzato, a lungo termine, “Russia Unita”, dando all’elettorato l’impressione di vivere in un certame di lotta politica aperta e democratica.

All’interno delle ultime votazioni il governo di Mosca ha concesso la salvaguardia degli interessi di tutte le forze in campo grazie ad una Commissione di controllo guidata da un eminente deputato esperto di diritti umani, Ella Pamfilova, ben visto sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Nonostante vi siano già alcuni sospetti circa le prassi tenute in alcuni seggi, unitamente ad alcune rimostranze dei piccoli partiti per le campagne d’informazione abnormi imposte a tappeto dagli schieramenti fedeli a Putin ed al premier designato Medvedev, osservatori OSCE hanno definito le ultime procedure di scrutinio più trasparenti rispetto a quelle del 2011. Risultato: Putin ha una maggioranza parlamentare schiacciante e un appoggio, condizionato ma pur sempre molto vasto, dell’intero articolato sociale e civile. L’Orso è ben lungi dall’essere immobile, si è mosso, ed anche con astuzia.

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Russia: crisi economica, mito della potenza

Il mito della potenza e della grandezza in Russia non è mai tramontato. Dalla caduta del Muro di Berlino e dalla conseguente fine del Comunismo e dei Soviet qualche anno più tardi, l’epopea del federalismo unitario degli anni ’90 e delle grandi esportazioni, figlie del rinnovato liberismo economico formatosi alla corte dei governi secolari di El’cin prima e di Putin poi, ha condotto il colosso orientale verso una crescita dinamica, attenuatasi considerevolmente negli ultimi anni a causa del crollo del valore del rublo (1 euro oggi vale 72 rubli) e del prezzo del petrolio. L’inflazione dei beni al consumo viaggia sopra il 6 per cento, il bilancio statale langue tanto che l’esecutivo capeggiato da Medvedev, al fine di contenere il deficit, ha dovuto interrompere l’indicizzazione delle pensioni sostituendo tale margine con un balzello una tantum di 5000 rubli (circa 68 euro).

Ciò nonostante, il popolo russo sembra aver perdonato questo ed altro all’eterno presidente in nome del ritrovato valore all’interno dello scacchiere internazionale grazie al “ritorno a casa” della Crimea, alle rivendicazioni territoriali su buona parte dell’Ucraina ed all’importante missione militare avviata in Siria a sostegno di Assad. Inoltre buona parte dell’elettorato odierno è soggiogata da un velo di apatia e indifferenza che miscela revanscismo, diffidenza nei confronti dell’Ue e delle sue sanzioni commerciali, ma soprattutto paura di un possibile ritorno nefasto ad un passato recente.

“Oggi la gente non è più interessata alla politica in senso stretto – parole di Nadezhda Azhgikhina, dell’Unione dei giornalisti russi – cinque anni fa i russi mettevano al primo posto il televisore, dunque il frigorifero. Poi hanno visto che i redditi scendevano: ora c’è il frigorifero al primo posto. Una cosa che in Occidente si fatica a capire è quanto piaccia ai russi essere dei consumatori, pensare ai soldi. Perché la gente della mia generazione ricorda bene quando non aveva nulla di tutto questo”. Tenere duro dunque: al di là delle prossime sfide, il potere in Russia, nell’anno domini 2016, non sembra potersi sottrarre ai desiderata di Vladimir Putin.

Riccardo Piazza

L'autore: Riccardo Piazza

Nasce a Palermo nel 1987 e si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione presso l’Università del capoluogo siciliano nel 2010. Prosegue i suoi studi specialistici in Scienze filosofiche all’Università di Milano dove consegue il Diploma di laurea Magistrale nel 2013. Scrive per alcune riviste telematiche di letteratura e collabora, quale giornalista, per diverse testate d’informazione occupandosi di cronaca parlamentare, costume e società. Si dedica attivamente allo studio dell'economia e del pensiero politico contemporaneo ed è docente di storia e filosofia. Gestisce un blog: http://www.lindividuo.wordpress.com Su twitter è @Riccardo_Piazza
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