Presidenziali USA: cosa e quali sono gli swing states, gli Stati in cui si potrebbero decidere le elezioni 2016

Pubblicato il 26 Luglio 2016 alle 13:39 Autore: Emanuele Vena
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Presidenziali USA: cosa e quali sono gli swing states, gli Stati in cui si potrebbero decidere le elezioni 2016

Mancano circa 3 mesi e mezzo all’Election Day dell’8 novembre, il giorno in cui si conoscerà il successore di alla Casa Bianca di Barack Obama, il primo presidente afroamericano della storia degli USA. E mentre il grande appuntamento si avvicina – dipanandosi lungo un fitto calendario, tra primarie e convention già concluse e futuri (e sicuramente accesi) dibattiti elettorali – gli analisi cercano di capire quali potrebbero essere gli scenari e, soprattutto, quali le variabili in grado di influenzarli in maniera decisiva. Tra dichiarazioni pubbliche, sondaggi elettorali e tradizioni, un ruolo chiave sarà svolto – come al solito – dai cosiddetto swing states, ovvero gli Stati considerati in bilico, la cui dote di Grandi Elettori potrebbe orientare in maniera decisiva il voto delle presidenziali USA 2016 verso Donald Trump piuttosto che Hillary Clinton (e viceversa).

Ma quali sono i requisiti per definire uno swing state? Tendenzialmente se ne potrebbero individuare 3: la tradizione elettorale dello Stato, il rapporto dei suoi risultati con quelli sul piano nazionale e il trend dei sondaggi locali. A ciò andrebbe aggiunta, in seconda battuta, l’appetibilità dello Stato (ovvero il numero di Grandi Elettori che porta in dote), perché uno Stato con 20 Grandi Elettori avrà ovviamente un impatto molto superiore rispetto ad uno che ne ha soltanto 3.

Presidenziali USA, Swing States: quali stati escludere

La tradizione elettorale dei singoli Stati permette di operare un numero rilevante di esclusioni, depennando dalla lista i cosiddetti safe states, quelli cioè considerati con certezza (o quasi) appannaggio di uno specifico candidato/partito. Trattasi di un aspetto tenuto in debita considerazione anche dagli stessi candidati, poiché permette loro di orientare in maniera efficace la gestione (anche economica) della campagna elettorale: infatti, un candidato sarà disincentivato dallo spendere energie (e denaro) nel cercare di vincere in uno Stato ritenuto sostanzialmente un “feudo” dell’avversario. E’ il caso, per esempio, di South e North Dakota, repubblicani sin dal 1940 (se si esclude il voto per il democratico Lyndon Johnson nel ’64). O ancora, a parti inverse, dello Stato di Washington, democratico dall’88.

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La conquista ripetuta dello Stato tuttavia non basta. Ad entrare in gioco sono anche altri fattori, come per esempio il distacco rifilato al candidato sconfitto, oltre che il trend degli ultimi sondaggi in vista della prossima tornata elettorale. Ecco perché, per esempio, tra i cosiddetti safe states repubblicani è possibile considerare anche il Kentucky che, pur appannaggio del GOP “solo” dal 2000, è uno Stato in cui la destra statunitense ha dimostrato negli ultimi 16 anni (oltre che negli ultimi sondaggi) di poter vincere con estrema facilità, rifilando ai dem oltre 18 punti di distacco medio. O ancora – in campo democratico – la California, quasi ininterrottamente GOP dal ’52 all’88 e feudo democratico (con distacchi dai 10 punti in su) da Bill Clinton in poi.

Un ulteriore aspetto da prendere in considerazione è anche la capacità storica di “comportarsi da swing”, cioè di esser conquistato da colui che poi è diventato il nuovo inquilino della Casa Bianca. Coniugare tale fattore con quelli analizzati in precedenza ci permette innanzitutto di non far rientrare in gioco i cosiddetti “falsi swing states”. E’ il caso di Stati come Arkansas, Delaware, Louisiana e il già citato Kentucky, vinti 8 volte sulle ultime 10 elezioni dal nuovo Presidente ma con tradizioni elettorali (e trend dei sondaggi) tali da non ritenerli Stati realmente in bilico.

Elezioni USA: i possibili Swing States

L’utilizzo di tutti questi fattori permette di operare una drastica selezione, come possiamo riassumere nella tabella qui di seguito.

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Ma non è ancora finita. Bisogna far distinzione tra quelli che sono a tutti gli effetti degli swing states e quelli che potrebbero diventarlo a sorpresa. Con riferimento a questi ultimi è il caso della Georgia, con una profonda tradizione repubblicana – quasi ininterrottamente GOP dall’84 – ma con recenti sondaggi che vedono Donald Trump e Hillary Clinton piuttosto vicini, pur con una leggera prevalenza per il tycoon. Stesso ragionamento vale per Arizona e (un po’ meno, stando alle ultimissime rilevazioni) Missouri o, a parti inverse, per Pennsylvania e New Hampshire, tutti Stati in cui il recente trend dei sondaggi assottiglia il gap evidenziato nelle precedenti tornate elettorali.

Quali sono invece gli Stati sicuramente in bilico? O meglio, quelli che quasi certamente si riveleranno decisivi per il risultato finale? Primo tra tutti è senza dubbio l’Ohio, che oltre a presentare una lunghissima tradizione nel ruolo – swing state ininterrottamente dal ’60 – è noto per essere uno Stato in cui il distacco tra i due grandi partiti è molto marginale, sia con riferimento alle recenti elezioni che riguardo agli ultimi sondaggi.

Un altro Stato con il medesimo profilo è la Florida, swing in 9 delle ultime 10 elezioni, noto per distacchi risicati sia nei sondaggi che nello storico elettorale – basti pensare al duello tra G. W. Bush e Al Gore nel 2000 – e con ben 29 Grandi Elettori in palio, secondo solo a Texas e California. Discorso simile vale anche per il Nevada che, pur avendo in dote solo 6 Grandi Elettori, si è rivelato swing nelle ultime 9 elezioni, oltre che caratterizzato da frequenti cambi di casacca negli ultimi 24 anni.

Altri 2 Stati in cui sia lo storico elettorale recente che gli ultimi sondaggi prevedono un vero e proprio testa a testa sono Colorado e Virginia, nonostante entrambi sino al 2004 avessero una lunga tradizione repubblicana. Un aspetto che sembra esser stato preso particolarmente in considerazione da Hillary Clinton, che ha voluto scegliere Tim Kaine – senatore e già governatore della Virginia – come candidato alla vicepresidenza.

Un altro swing state è sicuramente la North Carolina che, dopo esser stata conquistata di misura nelle ultime 2 tornate elettorali, continua a presentare (secondo gli ultimi sondaggi) uno scenario assolutamente “toss up”,  in cui cioè è difficile fare pronostici. Sondaggi molto equilibrati anche per l’Iowa, nonostante si tratti di uno Stato conquistato piuttosto facilmente da Obama sia nel 2008 che 2012, a differenza delle due precedenti tornate elettorali molto più combattute.

Nel complesso, dunque, la panoramica ad oggi vede 12 potenziali swing states, di cui 7 che sembrano “certi” e 5 possibili sorprese (il cui ruolo si capirà meglio anche e soprattutto con l’evoluzione del trend dei sondaggi). Per un totale di ben 157 Grandi Elettori su 538 in palio: quasi il 30%, una fetta assolutamente decisiva per ereditare lo scettro di Obama e diventare il 45° Presidente nella storia degli USA.

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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