Estonia, la conferenza Lennart Meri: quando l’ostacolo è di aiuto

Pubblicato il 21 Maggio 2016 alle 10:36 Autore: Gabrielis Bedris
estonia, conferenza Lennart Meri, Russia occidente

Estonia, la conferenza Lennart Meri: quando l’ostacolo è di aiuto

L’imperatore romano Marco Aurelio, nelle sue “Meditazioni” sosteneva che “Un impedimento fa avanzare l’azione. Ciò che sbarra la strada diventa la via”. “Il mondo è un posto diverso da quello che c’eravamo immaginato dieci anni fa’ quando è stata lanciata la prima conferenza Lennart Meri – ha premesso il presidente estone, Toomas Hendrik Ilves – i trattati internazionali vengono palesemente violati; i confini nazionali vengono modificati con la forza; masse di persone sono in movimento in cerca di rifugio; le identità nazionali sono sfidate e le tendenze estremiste sono fiorenti. Gli Stati Uniti, come garanti chiave della sicurezza transatlantica, sono ridotti al minimo: il ruolo dell’Europa, come fonte e sede di valori universali si sta erodendo. L’Occidente ha perso l’iniziativa”.

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Estonia, la conferenza Lennart Meri: quando l’ostacolo è di aiuto

Su questo tetro sfondo d’attualità si sono incontrati dal 13 al 15 maggio a Tallin, in Estonia, i responsabili politici chiave e gli analisti di tutto il mondo, dove tra gli altri argomenti, hanno affrontato la corrente crisi dei rifugiati che sta lacerando sia l’Unione europea che i governi nazionali degli Stati membri. Il tema della conferenza di quest’anno “Progetto per una Nuova Normalità” ha vaste implicazioni: l’instabilità internazionale ha creato una miriade di minacce globali, ma fornisce anche numerose opportunità per affrontare una “nuova normalità”.

L’annessione della Crimea ha aumentato i timori di sicurezza negli Stati e nelle città confinanti con la Russia, come Narva, in Estonia, dove il 12 maggio, il giorno prima della conferenza, c’è stato un incontro presso l’Università di Tartu nel quale si sono evidenziati dei percorsi per mantenere a bada le aspirazioni russe.

Il 13 maggio il presidente estone Toomas Hendrik Ilves, il primo vice presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, il generale, Wesley Clark, e Constanze Stelzenmüller del The Brookings Institution hanno messo in risalto che cosa è la nuova “normalità”. Un gruppo entusiasta di partecipanti, tra cui il ministro degli esteri estone, Marina Kaljurand, Artis Pabriks il relatore del parlamento europeo e Harlem Désir, il ministro di Stato per gli affari europei della Repubblica francese, ha partecipato alla sessione nottambula che ha affrontato la crisi dei rifugiati in Europa.

Il consenso sulla questione dei rifugiati rimane complicato e deve essere affrontato non solo guardando gli oneri, la logistica e la paura degli Stati e delle popolazioni locali; ma anche in termini di diritti umani e dei valori dell’alleanza UE. “L’Europa deve agire collettivamente e affrontare la crisi dei rifugiati in modo positivo – ha sostenuto Constanze Stelzenmüller – è una prova di credibilità, solidarietà e valori”. Un certo numero di pannelli e sessioni hanno toccato i temi della solidarietà, delle alleanze e l’obbligo del mondo occidentale d’affrontare i problemi della sicurezza internazionale.

I pannelli “NATO a Varsavia: si fa l’Alleanza”, “Le guerre della Russia” e “Un’Europa intera e libera: la dissolvenza di un sogno” hanno sviscerato la UE e la NATO per identificare i punti critici che stanno minando la credibilità e il ruolo di deterrenza delle due Alleanze. Di interesse internazionale – o forse di divertimento – è stato il confronto sulle elezioni presidenziali americane, con l’Istituto McCain che ha organizzato tra i relatori, un vivace dibattito per valutare l’impatto della politica estera degli Stati Uniti sotto un presidente repubblicano e democratico.

L’ultimo giorno della conferenza ha visto i partecipanti alle prese con questioni che sono o potrebbero potenzialmente essere in grado di destabilizzare il mondo, tra cui il conflitto in Siria, le questioni economiche globali legate alla Cina, il petrolio, le guerre, così come l’energia, la deterrenza nucleare, la rivoluzione digitale, il conflitto in Ucraina e quello nel Caucaso. Quello che vediamo in molti di questi conflitti è il costante e limitato impegno occidentale, ma quello che è peggio, è che ora, l’Europa e l’Occidente sono costretti a reagire piuttosto che essere impegnati in modo pro-attivo.

Coerentemente con l’impegno a trattare queste questioni cruciali, per l’Occidente è essenziale mantenere la coesione interna e contribuire a creare stabilità e sicurezza internazionale. L’Ovest può veramente risolvere tutti questi problemi con una leadership efficace e solidale? No! Ma come sosteneva Marco Aurelio, provarci è un’opportunità.

L'autore: Gabrielis Bedris

Nato a Vilnius in Lituania, ho esercitato la professione di avvocato per 25 anni, ora opero come consulente giuridico in Ucraina, Kiev. Iscritto all’ordine dei giornalisti in Ucraina, collaboro in Italia con Termometropolitico e altre riviste, scrivo giornalmente sul mio blog: bedrisga.worldpress.com
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