Marco Pannella: grandi messaggi con poche parole

Pubblicato il 20 Maggio 2016 alle 17:40 Autore: comunicatorepubblico.it
Pannella

Un leader non muore mai. E nel caso di Marco Pannella possiamo affermarlo senza tema di smentita. Pacificamente. Com’era nel suo stile, di uomo che ha vissuto una vita non violenta, portando avanti con perseveranza numerose battaglie. Giacinto detto Marco, l’uomo rompiscatole per antonomasia e provocatore per ruolo politico, ci lascia a 86 anni, di cui due terzi trascorsi all’interno del Partito radicale, la sua creatura, anche oltre la connotazione politica.
«Un partito nuovo per una politica nuova», lo slogan di una forza politica avversa alla partitocrazia, con in testa un uomo – e vale la pena ribadirlo – che è rimasto sempre fedele ai suoi principi, coerente fino all’ultimo.

Un innovatore della comunicazione politica e della politica, un instancabile combattente che ne ha infranto i modelli tradizionali. Era il 1978 quando Marco Pannella e altri esponenti radicali (vedi qui) si presentarono in tv imbavagliati per ventiquattro lunghi minuti.

Sguardo fisso, cartello in mostra, bavaglio e protesta silenziosa per dire no a un sistema di disinformazione perpetuato dalla Rai in vista del referendum. Anche questo era Pannella: un uomo capace di comunicare in tanti modi: verbalmente, non verbalmente e simbolicamente, un personaggio che con i suoi silenzi sapeva irrompere con fragore e infrangere il cosiddetto ordine precostituito.

Espressivo e caparbio, il corpo era la sua arma di lotta, lo strumento scelto per veicolare un messaggio e dar voce a chi non ne aveva. Non voleva arrivare primo, ma arrivare meglio, e non poteva esserlo non avendo l’appoggio dei grandi partiti di massa. Colmava questo “vuoto” con la personalizzazione e la spettacolarizzazione, riuscendoci grazie a un indiscusso carisma ed eccellenti doti comunicative che lo hanno reso il vero anticipatore di tempi e mode in un sistema di comunicazione che avrebbe portato ai giorni nostri. Era un personaggio notiziabile, in grado di imbattersi nel dibattito: celeberrima, ad esempio, la sequenza televisiva in cui regala hashish in diretta alla conduttrice Alda D’Eusanio.

Prima del duopolio televisivo Pannella costituisce con il suo Partito una delle primissime televisioni private, “Tele Roma 56”. Una novità che irrompe nello scenario politico di allora che faceva della propaganda il pane quotidiano. Ma è Radio Radicale, da lui voluta, a rompere gli schemi e infrangere il tabù della comunicazione pilotata, quando ancora non era arrivata la rivoluzione della liberalizzazione dell’etere. Attraverso la radio libera radicale gli italiani entrarono in diretta nelle due aule del parlamento. Fu sollevato, così, grazie a Pannella, il velo di Maya dell’informazione che divulgava solo ciò che conveniva. Riuscì, di conseguenza, in modo efficace e pulito, rispetto alle solite logiche clientelari, a fare massa critica, dando la possibilità ai cittadini di conoscere.

“Il crimine più grande è stare con le mani in mano”, il pensiero di un politico di professione abituato a far battaglie per le strade e i marciapiedi. Aborto, divorzio, carceri, legalizzazione delle droghe leggere e diritti delle minoranze, alcune delle quali vinte, altre ancora in corso, costate scioperi della fame e della sete, ombre e glorie. Marco Pannella è stato un leader carismatico, protagonista indiscusso di battaglie civili, fuori e dentro il parlamento, che oggi rimangono “orfane” di un padre che le ha concepite. Non sono mancati, tuttavia, i suoi eccessi, le sue esuberanze, come il fare eleggere al parlamento, tra le fila dei radicali, personaggi scomodi come Ilona Sthaler e Tony Negri. Debolezze umane assolutamente in tono col personaggio, che col tempo anche gli avversari politici metabolizzarono come coerenti al suo modo di essere.

Perché Pannella non era un parolaio, in lui comunicazione politica e politica hanno coinciso in modo indissolubile, quanto il saper comunicare e il saper fare.
Ora che ci ha lasciati, siamo rimasti “orfani” anche noi, che in Pannella, nonostante iniziative non sempre condivisibili, abbiamo visto l’unico modello di riferimento nella comunicazione come nella politica, negli strumenti come negli ideali, in un momento storico in cui la comunicazione è strumentale al consenso e non al bene comune.

Grazie Marco, ci vediamo in ottobre, al prossimo referendum, quando tu sarai ancora lì tra noi con la tua sigaretta in bocca e quel tuo sguardo beffardo a cui ci avevi abituati.

 

Manuela Mondello su Comunicatore Pubblico (FB: Comunicatore Pubblico)

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