Cechia: il nome imposto alla Repubblica Ceca

Pubblicato il 23 Aprile 2016 alle 11:10 Autore: Gabrielis Bedris

Cechia: il risveglio dei cittadini della Repubblica Ceca del 15 di aprile, è stato una sorpresa: il nome del loro Paese era cambiato. Non più Repubblica Ceca, bensì Cechia. Alcuni paesi cambiano i nomi per ragioni ideologiche – l’Unione Sovietica – altri come parte di una divisione – Bangladesh – o per un capriccio dittatoriale – Myanmar, è stato con sollievo sapere che la Repubblica Ceca ha cambiato il proprio nome, o meglio, il modo in cui a lei ci si deve riferire, semplicemente per ragioni stilistiche.

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Cechia: il nome imposto alla Repubblica Ceca

L’annuncio ha causato qualche contraccolpo e un bel po’ di confusione. I leader cechi insistono sul fatto che il nome ufficiale del paese non sta cambiando: stanno semplicemente chiedendo che le Nazioni Unite inseriscano nel loro registro come nome ufficiale abbreviato, Cechia – come Russia per la Federazione Russa. Il ministro degli esteri del paese, Lubomir Zaoralek ha spiegato: “è più alla moda, questo è l’argomento di fondo”.

Cechia potrebbe essere visto come una traduzione letterale di Cesko, che è entrato in uso comune dopo la disgregazione della Cecoslovacchia nel 1993, anche se alcuni storici sostengono che risalga al 1634. I sostenitori sostengono che sia analogo ai nomi abbreviati utilizzati per altri paesi – Francia, dopo tutto, è ufficialmente “la Repubblica Francese”- e fanno notare che è più vicino ai nomi utilizzati dalla maggior parte delle lingue romanze e germaniche, così come l’ebraico.

Si potrebbe pensare che una decisione così importante sia stato il risultato di un ampio dibattito pubblico; ma questo è lontanissimo dalla verità.

In un sondaggio condotto nel 2013 dal quotidiano Mladá Fronta Dnes, il 73 per cento degli intervistati ha confermato di non volere il cambio del nome e, il fatto che i funzionari lo hanno imposto, dimostra quanto poco rispetto hanno per coloro che governano.

È forse in parte a causa del passato che la gente della Cechia ha appreso la notizia con uno stato d’animo d’incredulità e un po’ divertito: c’è una lunga tradizione per la quale i cechi si prendono in giro da soli; ma dietro a questo, anche quelli a favore del cambio si sentono in imbarazzo per il modo in cui il governo in questa decisione ha ancora una volta scavalcato il pubblico.

A peggiorare le cose, la scelta della variazione non è stata nemmeno il risultato di una discussione di esperti, le uniche persone consultate sono stati gli addetti alle Pubbliche Relazioni che hanno ritenuto che si sarebbe “venduto il paese in un modo migliore”. Nonostante questo, il giorno che è stata annunciata l’idea, anche il capo dell’Istituto ufficiale della lingua ceca ha descritto il cambiamento come “forzato”.

La questione in sé è che si suppone – almeno in una democrazia – che prima di una decisione simile venga instaurato un dibattito, piuttosto che in futuro perseguire i funzionari, ma forse questo s’aggiunge al crescente senso d’estraneità che vige tra la politica e la vita comune di tutti i giorni. Sia dentro che fuori il paese sembra che il governo ceco non abbia nulla di più importante d’affrontare: perché non pensare alla xenofobia e ai sentimenti anti-UE? Perché la polizia molesta i giornalisti e i giovani universitari solo perché manifestano un parere dissenziente? Perché non valutare i problemi quotidiani di chi non riesce ad arrivare a fine mese?

Un governo che non è in grado a far fronte a queste difficoltà e che ha trovato come diversivo un inutile cambio del nome del Paese, forse dovrebbe sentirsi in imbarazzo. Chissà se i funzionari ci ripensano e cominciano veramente ad operare con la linearità e l’onestà che la gente s’aspetta da quando li ha votati.

L'autore: Gabrielis Bedris

Nato a Vilnius in Lituania, ho esercitato la professione di avvocato per 25 anni, ora opero come consulente giuridico in Ucraina, Kiev. Iscritto all’ordine dei giornalisti in Ucraina, collaboro in Italia con Termometropolitico e altre riviste, scrivo giornalmente sul mio blog: bedrisga.worldpress.com
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