Maternità surrogata, quando Grillo e il M5S la benedicevano

Pubblicato il 4 Marzo 2016 alle 17:53 Autore: Francesco Ferraro
maternità surrogata

Maternità surrogata, quando Grillo e il M5S la benedicevano

A meno di dieci giorni dall’approvazione nell’Aula del Senato del ddl Cirinnà, impazzano ancora le polemiche sulla maternità surrogata e sulle Unioni Civili. Dopo lo scontro avvenuto a seguito della nascita del figlio del leader di Sinistra Italiana, Nichi Vendola, avuto in California grazie alla pratica della gestazione per altri, a fare scalpore oggi è la notizia di un altro dietrofront del MoVimento 5 Stelle.

“Qualcosa nel concetto di utero in affitto mi spaventa, e non ha a che fare con l’omosessualità”. Cosi parlò Beppe Grillo nella lettera inviata al Corriere della Sera lo scorso 1 marzo. A stretto giro, anche i membri più in vista del MoVimento 5 Stelle hanno detto la loro, da Carla Ruocco (“Si tratta di una vera e propria mercificazione della donna trattata come un forno e un serbatoio economico”, ha affermato in un’intervista rilasciata a Tv2000, la tv dei vescovi per intenderci), sino ad arrivare al leader in pectore, Luigi di Maio, che ha auspicato la chiusura dei “supermarket dell’utero in affitto”.

Maternità surrogata, il precedente del M5S

Ma il MoVimento che oggi parla di mercificazione, di “donna-forno”, che si schiera contro la pratica della GPA facendone una battaglia ideologica, è lo stesso MoVimento che il 5 aprile 2013 aveva depositato in Senato un testo intitolato “Modifiche al Codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso”? La legge, a firma Orellana, Airola, Battista, Blundo, Lezzi, Montevecchi, Bencini, Bottici, Buccarella, Campanella, Casaletto, Castaldi, Crimi, Donno, Gaetti, Molinari, Mangili, Nugnes e Paglini, vedeva comparire tra i suoi promotori non solo senatori espulsi dal M5S perché in dissenso con la linea del leader, ma anche esponenti di spicco come Vito Crimi, Laura Bottici e Barbara Lezzi.

Nel merito, il disegno di legge intendeva “far propria una proposta normativa della Rete Lenford, avvocatura per i diritti Lgbt, fondata per rispondere al bisogno di informazione e di diffusione della cultura e del rispetto dei diritti delle persone omosessuali nel nostro Paese”, con l’esplicito obiettivo di riconoscere la “duttilità della famiglia” e la “genitorialità delle coppie omosessuali”. Per ottenere questo obiettivo, il M5S voleva rendere il matrimonio “accessibile anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso, nel solco di una mutata coscienza sociale e, soprattutto, dei princìpi della Costituzione”.

L’elemento che più sorprende è che il ddl prevedeva anche delle apposite modifiche alla legge 40 sulla procreazione assistita “per consentire l’accesso ad esse, anche in Italia, da parte delle coppie dello stesso sesso. In particolare l’articolo 3, comma 4, dispone l’abrogazione delle parti della legge 40 che dispongono il divieto di accesso alle tecniche di procreazione assistita da parte delle coppie dello stesso sesso e il divieto di ricorso a tecniche di tipo eterologo”.

E ancora, “per consentire anche il ricorso alla maternità surrogata, si abroga il divieto di dichiarare la volontà di non essere nominata, imposto alla donna che faccia nascere un figlio a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita”.

Ricapitolando, ciò che oggi viene definita una “mercificazione”, un “supermercato dell’utero in affitto” che spaventa, un paio di anni fa era al centro di un’apposita legge presentata dai senatori grillini. Lo stesso Luigi Di Maio sembra essersi adeguato all’inversione di rotta, auspicando che l’adozione “sic et simpliciter per le coppie omosessuali” vada “affrontata con un referendum popolare”. Fermo restando che a oggi il referendum consultivo non è ancora previsto dalla nostra Costituzione, è evidente che la strategia che il MoVimento 5 Stelle ha volutamente abbracciato è volta a strizzare l’occhiolino a quell’elettorato moderato di centro e di centrodestra, a quel popolo del Family Day che mai gli avrebbe perdonato il tradimento sul tema dei diritti, evitando così di scavallare definitivamente a sinistra e avvicinandosi al mondo cattolico.

L'autore: Francesco Ferraro

Classe 1991, romano, laureato in “Scienze Politiche e Relazioni Internazionali” all'Università “Roma Tre” con una tesi su Giorgio Napolitano, master in Comunicazione Politica all'Università di Urbino, attualmente segue il corso “Mass Media e Politica” dell’Università di Bologna - Campus di Forlì. Si occupa di politica interna, Quirinale e di comunicazione politica. Collabora con Termometro Politico dal 2015. Su twitter @franzifer
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