Antieuropeismo: l’eccezione iberica

Pubblicato il 9 Novembre 2015 alle 14:55 Autore: Enrico Peroni
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Immigrazione e populismo: il Front National, l’UKIP, la Lega Nord, Jobbik in Ungheria, Legge e Giustizia in Polonia, Ataka in Bulgaria, i Veri Finlandesi. Ogni Paese europeo, qualsiasi sia la sua storia e qualsiasi sia la sua situazione economica, ha oggi un partito di nuova destra radical-populista. Sulla definizione e sulle caratteristiche comuni di movimenti comunque eterogenei non serve, qui, addentrarsi particolarmente. I punti in comune più significativi sono noti a tutti: anti-europeismo, riscoperta degli aspetti più divisivi ed esclusivi della cultura locale/nazionale, sciovinismo del welfare e connessa repulsione per l’immigrazione, linguaggio politico violento e anti-establishment.

La domanda su cui interrogarsi è, invece, un’altra: per quale motivo ci sono due Paesi europei – Portogallo e Spagna – in cui questi movimenti non si sono strutturati e non hanno ottenuto alcun tipo di consenso? Nei due paesi iberici si sono prodotti molti dei fenomeni economici e politici che hanno prodotto, negli altri Paesi del continente, il successo delle forze politiche della nuova destra radical-populista europea.

In primo luogo i flussi migratori sono stati cospicui. Gli stranieri in Spagna passano dai poco più di 300 mila del 1991 a quasi 6 milioni nel 2010, arrivando a rappresentare quasi il 13% della popolazione. In Portogallo gli stranieri residenti passano da poco più di 100 mila nel 1990 a quasi 450 mila nel 2009, rappresentando il 4% della popolazione (ma molto di più nelle aree metropolitane di Lisbona e Porto).

In secondo luogo la crisi economica è stata molto pesante in entrambi i Paesi. La Spagna ha perso il 7,3% del PIL tra il 2008 e il 2013, il Portogallo l’8,5%. La disoccupazione ha raggiunto livelli mai toccati prima da quando esistono le statistiche ufficiali. Oggi è il 22,2% in Spagna e il 12% in Portogallo.

In terzo caso, casi di corruzione ce ne sono stati molteplici, riducendo la legittimità e l’autorevolezza della classe politica proprio negli anni della crisi economica. Per ricordare i più eclatanti, consideriamo le indagini e l’arresto nei confronti dell’ex Primo Ministro portoghese Socrates, il caso degli ERE in Andalusia e il caso Barcenas che ha travolto la cupola del PP spagnolo.

Un ambiente, insomma, che dovrebbe naturalmente portare alla nascita di movimenti populisti di estrema destra capaci di diventare soggetti appetibili per una parte di elettorato. Eppure, questo non è successo. Di seguito saranno elencate diversi fattori che possono essere all’origine del mancato sviluppo di questo nuovo fenomeno politico.

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Antieuropeismo: la forza della memoria

José Saramago ci ricorda che “si deve recuperare, mantenere e trasmettere la memoria storica, perché si inizia dimenticandosi quel che è accaduto e si finisce con l’indifferenza”. Questo è impossibile, oggi, in due Paesi in cui molti cittadini si ricordano in maniera chiara quanto accaduto durante i regimi franchista e salazariano. La rivoluzione dei garofani del 1974 e la transizione democratica spagnola tra il 1975 e il 1978 sono state vissute come grandi momenti di liberazione dal giogo di una dittatura da parte di tanti uomini e tante donne che allora erano giovani. Queste persone sono la memoria vivente che può essere la ragione principale per l’impossibilità pratica di una riorganizzazione di movimenti che propugnano gli ideali che erano alla base dei lunghi quarantenni di autoritarismo.

In questo è da considerare che le forze della destra popolare portoghese e spagnola hanno sicuramente al proprio interno nostalgici (più o meno consapevoli) dei regimi ma non è accettato nel dibattito pubblico dei due Paesi fare riferimenti positivi a quelle epoche. In ogni caso, più che gli aspetti simbolici, sono gli aspetti materiali della mancanza di libertà a rendere complessa una nuova stagione di movimenti di destra populista.

Antieuropeismo: stessa lingua, stessa religione

Due delle ragioni che portano all’aumento dell’intolleranza nei confronti dei migranti sono la lingua e la religione. Questo tipo di intolleranza è stato in parte ridotto in Spagna e Portogallo per via dell’origine dei flussi migratori.

In Spagna 75% dei migranti proviene da Paesi del continente europeo o dal Sudamerica. Molti già conoscono la lingua in quanto propria lingua madre o in quanto facente parte della stessa famiglia linguistica (rumeni). In particolare il 36% proviene da Paesi ispanofoni. Per il Portogallo i dati sono molto similari, con una grande percentuale di immigrati brasiliani, provenienti dalle ex colonie africane e dall’est Europa.

Le somiglianze linguistiche e religiose non sono, chiaramente, di per sé, garanzia di una mancanza di rifiuto. Le differenze culturali e la mera ostilità nei confronti di chi migra per ragioni economiche sono ragioni sufficienti per un aumento della xenofobia, come dimostrato anche da recenti studi del governo spagnolo. Peraltro, se si considera la politica di odio creata in Italia contro una popolazione con la medesima religione e una lingua simile – la rumena – nel 2007-2008, si può comprendere come lo spazio per coltivare l’ostilità nei confronti della diversità ci possa essere con qualsiasi flusso migratorio. Ciò nonostante nessun partito di estrema destra spagnolo o portoghese ci è riuscito, forse anche perché non si è mai dato un flusso migratorio in aumento in un contesto di decrescita economia. In entrambi i Paesi, infatti, i flussi migratori si sono arrestati (ed è invece ripresa l’emigrazione) nel momento in cui è esplosa la crisi immobiliare ed economica nel 2009-2010. Come sappiamo, in Italia non è stato così, sia per l’esplosione di Siria e Libia che per la posizione geografica del nostro Paese.

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Antieuropeismo: fuori dalle rotte

E come mai la Spagna, sicuramente invitante per “las pateras” (i barconi di migranti) in partenza dal Marocco, ha visto negli ultimi anni una riduzione degli sbarchi? Se è vero, da un lato, che i flussi verso l’Italia sono aumentati notevolmente per il fallimento libico, è altrettanto vero che la collaborazione tra Spagna e Marocco ha reso molto più difficile arrivare in territorio iberico in maniera irregolare.

Insomma, anche la mancanza di flussi di immigrati in epoche di crisi economiche ha sicuramente ridotto la pressione sociale (o mediatica) che ha fatto crescere certi movimenti populisti di destra in altri Paesi d’Europa.

Antieuropeismo: Ue troppo generosa per essere disprezzata

Se è stato accennato delle ragioni per cui il fenomeno migratorio è stato meno impattante che in altri Paesi, cosa si può dire dell’anti-europeismo dei partiti di destra populista che ha attecchito in molti altri Paesi?

E’ verissimo che in Spagna la fiducia nei confronti dell’Unione Europea è più bassa della media europea e che tanto in Spagna quanto in Portogallo questa fiducia sia sotto il 50%. E’ altrettanto vero, però, che il livello di fiducia nelle istituzioni comunitarie è notevolmente superiore rispetto al Parlamento e al Governo nazionali (triplo in Spagna, doppio in Portogallo). In altre parole la fiducia nei confronti delle istituzioni comunitarie (r)esiste nonostante diversi anni di decadenza economica. In fondo, la ragione di questa riserva di fiducia, si può scorgere viaggiando per i due Paesi. Il numero di infrastrutture e opere costruite con i fondi della politica di coesione e di altri programmi comunitari è davvero considerevole. Entrambi i Paesi sono stati nel settennato 2007-2013 percettori netti: la Spagna ha ottenuto 16 miliardi, il Portogallo quasi 21. Più in generale, se consideriamo la pioggia di denaro arrivata nei due Paesi a partire dalla loro adesione nel 1986, possiamo ben capire come l’Europa abbia concretamente significato sviluppo dello stile di vita e dell’organizzazione infrastrutturale e sociale delle società.

A questo, peraltro, si è legato un processo di europeizzazione culturale che è stato un vincolo positivo esterno almeno pari a quello economico e che, tanto quanto la trasformazione democratica dei due Paesi, ha significato concretamente quella libertà che oggi spagnoli e portoghesi paiono voler difendere con i denti. Senza pericolosi sbandamenti a destra.

Enrico Peroni