Renzi e il mistero dei pagamenti in contante a quota 3000

Pubblicato il 18 Ottobre 2015 alle 13:24 Autore: Livio Ricciardelli
renzi in camicia bianca e cravatta celeste

Tra i fulcri della “narrazione” renziana c’è sempre stata la rivisitazione di alcune scelte del centrosinistra (cioè, il suo schieramento politico) degli ultimi anni.

Il principio della rottamazione si basa proprio su questo presupposto, teso ad azzerare gran parte della classe dirigente della sinistra nostrana.

In questo senso fu quanto mai significativa, tra le tante, la presa di posizione di Matteo Renzi (quando ancora non era premier e si limitava a sfidare Bersani alle primarie di coalizione) sul governo Monti.

Il Partito Democratico sostenne quel governo tecnico, in nome della responsabilità nazionale e dello spread verso i 600 punti base. Un’esperienza che però per forza di cose col tempo si è logorata venendo intaccata definitivamente, per quanto riguarda la sua credibilità, dalla “salita in campo” di Mario Monti in politica.

In questo modo il premier popolare agli occhi degli italiani per la sua distanza dalla politica, diventava uno dei tanti. Uno dei tanti da colpire attraverso gli strali dell’antipolitica dilagante.

Ancor prima della discesa in campo di Monti e prima delle primarie del centrosinistra, Renzi definiva l’esperienza del governo dei tecnici “senz’anima” rivendicando il primato della politica.

Una mossa lungimirante tesa nel contingente a differenziarsi su questo fronte dalla scelta bersaniana di schierare il Pd con Monti nel 2011.

In un’ottica di questo tipo può essere vista la scelta, per molti singolare, di elevare a 3000 euro la possibilità di effettuare pagamenti con contante nella Legge di Stabilità 2015.

Come ricorderete, il governo Monti cercò (prima di diventare appunto come tutti gli altri) di marcare un cambio di passo rispetto alla politica anche per quanto riguarda la lotta all’evasione fiscale. Da qui i famosi blitz a Cortina durante le vacanze natalizie del 2011. Un cambio di passo ancor più marcato essendo l’esecutivo montiano successivo al quarto governo Berlusconi, controverso per quanto concerne il tema della lotta all’evasione.

Nonostante tutto è evidente a tutti che questo desiderio di cambio di passo aveva dei limiti nel suo essere una misura spot. Da qui la critica di Renzi, che sottolineava come l’evasione si combattesse coi fatti e non coi blitz notturni nella provincia di Belluno.

Un assist all’allora sindaco di Firenze che però aveva anche una funzione strategica per Renzi, che in questo modo attaccando Monti non criticava solo i blitz, ma si rendeva un interlocutore per tutti quegli elettori che molto spesso vedevano la tassazione nel nostro paese troppo elevata. Così elevata dal legittimare alcuni elementi di evasione fiscale. Un elettorato così forte da aver determinato uno spaccato sociale, capace di fare la differenze al momento delle elezioni rendendo maggioritario il centrodestra nel paese.

Ecco perché Renzi parla così poco di evasione fiscale. Ecco perché porta avanti una misura singolare come l’innalzamento a 3000 per l’uso del contante.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
Tutti gli articoli di Livio Ricciardelli →