Toto-Quirinale, spunta il solito Giuliano Amato

Pubblicato il 28 Novembre 2014 alle 16:48 Autore: Annalisa Boccalon

Da settimane nei Palazzi della politica a Roma non si parla d’altro: la partita della successione a Giorgio Napolitano è ormai aperta. Stando ai rumors romani, Napolitano è pronto a rimettere il suo mandato a fine anno, dunque, il 2015 si aprirà con una battaglia tra partiti per individuare il successore dell’attuale Presidente della Repubblica. Il Giornale di oggi riporta il nome di Giuliano Amato come erede gradito dallo stesso Napolitano. Amato a Berlusconi non dispiace, né dispiaceva per l’elezione presidenziale dello scorso anno, ma a Renzi, invece, non appare come il nome più desiderabile, data la scarsa valenza di rottamazione che porterebbe con sé.

Sembra che il Premier intenda proporre un volto fuori dalla politica, ma di altra estrazione, ancorché di alto calibro. Nonostante alcuni ambienti dem invochino nuovamente il nome di Prodi, non sembrano esserci margini per poterlo proporre, dato il trattamento subito dal professore nelle elezioni alla Presidenza della Repubblica dello scorso anno, con i famosi 101 esponenti Pd che non lo votarono nella segretezza dell’urna. Una figura che piace a molti e che continua a restare in pole position nella rosa dei candidati è poi quella di Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea fino al 2019. L’ entourage di Draghi sembra aver lasciato trapelare che al numero uno della BCE un eventuale incarico al Colle non dispiacerebbe affatto.

Giuliano Amato

Sono in molti, non solo all’interno del PD, a temere che il Parlamento arrivi impreparato all’appuntamento dell’elezione del Capo dello Stato, come accaduto lo scorso anno e a temere, dunque, che le tensioni che potrebbero emergere danneggino nuovamente l’immagine internazionale del Paese, con le conseguenti ripercussioni sui  mercati.

Il quadro è ulteriormente aggravato dalle difficoltà nel procedere all’approvazione nelle Aule dell’Italicum, la legge elettorale frutto del Patto del Nazareno, incardinato al Senato, dove la maggioranza in Commissione resta risicata. Il problema, però, è che il testo, una volta approdato alla Camera, potrebbe arenarsi, a  causa dei veti incrociati interni al Pd, la cui minoranza ha chiesto un parere preventivo alla Consulta, nella speranza di affossare la legge.