Simboli per le europee: scudi crociati? No, bocciati

Pubblicato il 9 Aprile 2014 alle 19:33 Autore: Gabriele Maestri

A mezzogiorno è arrivato il verdetto dal Ministero dell’Interno: poche bocciature (almeno come numero, non in proporzione), ma ben mirate. Dei 64 simboli effettivamente presentati per le elezioni europee, la Direzione centrale per i servizi elettorali ne ha provvisoriamente cassati 8, invitando i depositanti a sostituirli entro 48 ore (oppure, se sono convinti di avere ragione, a impugnare la decisione davanti all’Ufficio elettorale nazionale).

Grande e inevitabile vittima dell’esame del ministero è stato lo scudo crociato: se ne contavano cinque o sei ed era chiaro fin dall’inizio che almeno quattro sarebbero stati bocciati. Stando alle regole vigenti, che danno tutela ai partiti rappresentati in Parlamento, non poteva che essere risparmiato lo scudo dell’Udc, inserito nell’emblema composito con il Nuovo centrodestra.

Non stupisce dunque che i primi esclusi siano stati gli scudi – con bordo arcuato, del tutto identici tra loro – delle due Democrazie cristiane, quella rappresentata da Angelo Sandri (anche se si è messa in fila 16 posizioni prima dello scudo vincitore) e quella, depositata in extremis dal combattivissimo Leo Pellegrino, in qualità di iscritto alla Dc dal 1975 (in un primo tempo erroneamente indicato come membro del comitato di iscritti guidato da Raffaele Lisi ed Emilio Cugliari).

Ricusati simboli europee

Per il Viminale poco importa che varie pronunce (ormai divenute definitive) abbiano messo in dubbio i passaggi che hanno portato dalla Dc al Partito popolare italiano e gli accordi che hanno attribuito al Cdu di Buttiglione lo scudo crociato nel 1995: la tutela ai partiti presenti in Parlamento, come disciplina speciale, prevale e quindi salva comunque l’Udc.

“I giudici hanno sentenziato che la Dc non è stata sciolta, questo significa che la Dc c’è ancora e il simbolo, come il patrimonio, deve tornare alla Dc – ci spiega Pellegrino – perché tutti questi che sono venuti nel frattempo e si dichiarano tutti cristiani non l’hanno restituito? Quanto al Ministero, continua a interpretare e applicare a piacimento il testo unico delle elezioni della Camera: come si fa a dire che l’Udc ha usato tradizionalmente lo scudo crociato, quando il vero uso tradizionale è quello della Dc?“. Per tutte queste ragioni, Pellegrino si opporrà alla decisione del Ministero, affidandosi all’Ufficio elettorale nazionale.

Bocciato per lo stesso motivo lo scudo stiracchiato e deformato del Cdu rimesso in pista da Mario Tassone. I Popolari italiani per l’Europa dell’europarlamentare uscente Peppino Gargani hanno invece passato l’esame: il loro scudo crociato appena sfumato può restare. Anche lo scudo con croce sfumata del Ppi, fatto depositare per precauzione da Pierluigi Castagnetti, è stato considerato ammissibile, essendo sempre stato il simbolo dei Popolari dl 1995.

Si fa poi notare l’ennesima bocciatura del Grillo parlante di Renzo Rabellino: nel 2008 non andava bene la scritta “Grillo” enorme con “parlante” piccola e leggerissima, per cui si dovette parlare di “Grilli parlanti”; l’anno scorso la dicitura al plurale ma con “Grilli” enormi era stata comunque bocciata, dovendo ingrandire di molto la seconda parola. Stavolta “Parlante” era ancora più grande, ma quel “Grillo” continua a non andare bene, anche se Rabellino è pronto da sempre a schierare in lista il “suo” Beppe Grillo, nato a Bra e non a Genova. Nel gruppo di Rabellino però è stata curiosamente bocciata anche Lega Padana, che l’anno scorso era stata ammessa esattamente con lo stesso segno.

Bocciata anche la fiamma tricolore delle Destre unite, per confondibilità con la fiamma (molto più piccola e dalla forma diversa) di An nel simbolo di Fratelli d’Italia. Non c’era l’intenzione di usare quell’emblema, ma certamente l’esclusione è arrivata inattesa per il depositante Massimiliano Panero.

“Una bocciatura del tutto inspiegabile – ci ha detto Panero – tanti altri simboli, specie con le falci e i martelli, sono simili tra loro e sono sopravvissuti, mentre è stato bocciato il nostro. Non avevamo dichiarato il nostro disegno come fiamma e, in ogni caso, la forma era ispirata a quella di Le Pen, non a quella usata da Fratelli d’Italia: mi domando cosa sarebbe accaduto se si fosse presentata anche la Fiamma tricolore”. Non ha ancora deciso se sostituire il contrassegno o fare opposizione: deciderà in queste ore.

Al momento sono stati bocciati anche i simboli del Movimento sociale per l’Europa e quello senza dubbio più chiacchierato, Forza Juve Bunga Bunga. Non è ancora chiaro cosa abbia provocato la ricusazione: domani se ne saprà qualcosa di più.

simboli europee Senza effetti

Da segnalare, poi, i cosiddetti contrassegni “senza effetti”: quelli cioè che non possono proseguire il loro cammino non perché violino qualche regola, ma perché la documentazione presentata era incompleta (ad esempio perché mancava il programma o l’indicazione dei delegati per il deposito delle liste). Di solito questo è il sistema adottato dai partiti ormai cessati che non vogliono partecipare alle elezioni, ma vogliono comunque poter contestare simboli troppo simili al loro. A questo giro è accaduto con Rifondazione comunista, i Comunisti italiani, il Partito delle Aziende e il Fronte dell’Uomo Qualunque.

I depositanti ora avranno tempo fino alle 16 di venerdì per cambiare i simboli per le europee oppure fare opposizione. L’ufficio elettorale nazionale presso la Cassazione deciderà nelle 48 ore successive, dopodiché il quadro dei contrassegni sarà completo.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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